La solitudine dei ragazzi delle medie

Pubblicato il 11 Novembre 2019 da

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Vivo in un paese per vecchi, non per ragazzi. Più vado avanti con gli anni e vedo mia figlia crescere, più mi rendo conto che ormai i ragazzi ‘sono di troppo’. Per gli adulti e gli anziani ci sono servizi, corsi, attività, l’Università della terza età, i centri aggregativi. Ci sono le gite di gruppo al mare o ai musei. Ci sono gli spazi per giocare a carte e stare insieme. Per i ragazzi non c’è niente.

In provincia i ragazzi ‘sono di troppo’. Alle medie escono da scuola alle 14 e i loro pomeriggi sono dei lunghissimi buchi di solitudine da riempire. Buchi neri in cui tornano a casa da soli, si riscaldano il pranzo, dovrebbero studiare e poi arrivare fino a sera, quando torna qualcuno.

Vivo in un paese per vecchi; non so se è così dappertutto, ma io credo di sì. Confrontandomi con tante amiche, sento ogni giorno racconti di ragazzi soli e arrabbiati, che cercano un posto nel mondo.

I ragazzi di oggi sono deboli. I ragazzi di oggi sono scansafatiche. I ragazzi di oggi sono maleducati, non hanno rispetto per niente e per nessuno. Ai ragazzi di oggi servono due schiaffi, quelli che i genitori non gli hanno mai dato‘.

Non è forse così che gli adulti – non tutti, non quelli ‘come noi’ – descrivono i ragazzi di oggi?
Come oggetti da percuotere finché stanno zitti, finché stanno al loro posto.

Li hanno allattati fino a tre anni, portati a scuola fino a 11 anni, tenuti nel lettone fino alla quinta elementare.
Poi arriva la prima media è la cura ‘non serve più’. Si devono arrangiare, non possono restare bambini per sempre.

‘I ragazzi di oggi sono immaturi. Mancano di autonomia. Chiedono il permesso per ogni cosa e non si sanno arrangiare.’
Ci dicono i prof delle medie alle riunioni.

Ed è generalmente vero. Del resto nella maggior parte dei casi lo spazio per le autonomie non c’è mai stato: chi non pratica il Metodo Montessori, o chi lo pratica nel mondo contrario (ovvero come metodo libertario che tende all’infantilismo, invece che come metodo per acquisire autonomia), spesso fa davvero l’associazione medie=grande, e si defila.

Ora, chiariamoci. Questa non è la fiera del senso di colpa, ma un discorso sulle responsabilità e sulle opportunità.
Il senso di colpa non serve a nessuno, mentre la presa di coscienza serve a tutti.

L’Italia non è un paese per famiglie. La bestialità di tutta la questione probabilmente è questa.
Le madri lasciano il lavoro (o non lo cercano nemmeno) per guardarsi i figli.

Calano le richieste agli asili nidi:

In Italia all’asilo nido pubblico solo un bambino su 10: più disuguaglianze e povertà educativa.
Il rapporto di Save the children “Il miglior inizio” dimostra le difficoltà a scuola dei piccoli che rimangono in famiglia. Il nostro Paese lontano dagli obiettivi stabiliti dall’Ue. Un handicap anche per le donne e le madri lavoratrici dedicano tempo di qualità ai figli.
I bambini che restano a casa con le madri, infatti, non beneficiano spesso di tempo di qualità con i genitori. Ad incidere sulla crescita educativa dei bambini, infatti, non è la durata del tempo passato con i genitori, ma la qualità di questo: lettura condivisa, la musica e i giochi all’aperto sono spesso attività che mancano in alcune famiglie e che l’asilo nido fornisce.
(Fonte: Repubblica, CRISTINA NADOTTI, 09 settembre 2019)

Poi quando i figli finiscono le elementari, le madri cercano un impiego. Se lo trovano.
Cercano un lavoro perché la vita è sempre più cara e perché, diciamocelo un’altra volta: fare la mamma non è un lavoro.
Dopo un po’ i figli crescono e se noi investiamo tutto sui figli, senza mai investire su noi stesse, restiamo sole. Sole e stanche, senza una professionalità e senza nemmeno il tempo di crearcela.

E allora ricomincia il loop: i ragazzi delle medie si trovano improvvisamente da soli, ma senza essere stati aiutati a raggiungere un’autonomia progressiva, né pratica, né emotiva.

I ragazzi delle medie vengono lasciati soli proprio nel momento della vita in cui hanno maggior bisogno di non essere lasciati soli.

Il momento in cui crescono fisicamente e mentalmente, stravolgendo se stessi e spaventandosi dei cambiamenti così rapidi del loro corpo.
Quando i ragazzi cambiano voce e iniziano ad avere quei ridicoli baffetti, e le ragazze iniziano ad avere il ciclo mestruale.
Quando iniziano ad innamorarsi, a piangere, a disperarsi per le amicizie e gli amori.
Quando capiscono che il mondo è ingiusto, che è tutto da rifare, che gli adulti hanno rovinato tutto dando a loro la mela avvelenata.
Quando infine, cosa non da poco, si trovano con un carico di studio pesantissimo da sostenere, senza le basi organizzative per affrontarlo.

E noi genitori siamo presi con il nostro lavoro, giustamente.
Siamo presi con la nostra vita, anzi: con la metà della nostra vita. I bilanci, il fatto che stiamo diventando vecchi, che vogliamo goderci la vita anche noi.

I ragazzi delle medie spesso quindi restano da soli tutto il pomeriggio. Talvolta è inevitabile.
In città e paesini che non offrono niente: non ci sono più le sale giochi, gli oratori sono aperti solo nel weekend (e poi, onestamente, l’offerta educativa delle passare ancora per via religiosa?).

Qui da noi non c’è un posto dove i ragazzi possano stare.

Le scuole al pomeriggio sono aperte solo per le attività didattiche o i laboratori: non c’è un’aula sorvegliata aperta in cui i ragazzi possano stare a studiare, o semplicemente a chiacchierare. Non c’è un doposcuola, ma onestamente io sono contraria al doposcuola: visto che non sappiamo dove metterli, li costringiamo a stare in aula tutto il giorno?
Non possono certo passare il pomeriggio al bar: non hanno soldi, e poi onestamente passare il pomeriggio al bar – a meno che non sia uno Starbucks in cui puoi portare il tuo PC e studiare -, a cosa serve?
Non c’è una sala giochi di nessun tipo, che comunque costerebbe.

Una volta c’era un centro giovani, con un educatore, ma era talmente abbandonato a se stesso che non è mai stato attrattivo. Adesso pare che quel posto verrà destinato alle associazioni: perfetto, togliamo ai ragazzi un’altra stanza ancora e diamola a noi vecchi.
Così come agli anziani è stato dato mezzo palazzo comunale, perché noi vecchi un posto dove andare ce lo abbiamo sempre.
E invece io dico che dovrebbe essere il contrario: le sale comunali vanno date ai ragazzi, perché abbiano un posto dove stare, e che quel posto sia anche il simbolo delle Istituzioni, del senso civico e dello Stato. Non una sala isolata, messa un po’ fuori dal paese, così da non averli intorno.
Il nostro Comune dovrebbe essere costruito intorno a loro; non dovrebbe essere una muraglia per tenerli lontani.

C’è la biblioteca aperta alcuni pomeriggi, in alcuni orari. Io il Lunedì tengo un corso di alfabetizzazione informatica per l’Uni3 in biblioteca e sono stata costretta a mandare via i ragazzi, perché il loro ingresso ‘non è consentito’ quando la biblioteca è chiusa al pubblico.
E poi la biblioteca non è un posto per chiacchierare, quindi non può determinare un’offerta allettante come uno spazio educativo.

I ragazzi stanno in strada.
Girano, fanno i pazzi in bici, stanno sulle panchine, perdono tempo a fare caciara.

A volte sono così arrabbiati con tutto e con tutti, che iniziano a danneggiare i parchi, a tirare le uova sulle macchine e sulle case, a spaccare tutto.
Arrivano i Carabinieri, li schedano, si rovinano la vita.

Su Facebook i vecchi scrivono:
Dateci i nomi di questi ragazzi, che andiamo noi sotto casa. Questo è il risultato di genitori molli, che vogliono essere amici dei figli. Ai miei tempi i miei genitori mi avrebbero riempito di schiaffi. Noi che siamo stati presi a calci siamo venuti su bene, mica come questi qui’.

Signori, siete venuti su talmente bene che state su Facebook a prendervela con dei ragazzini delle medie.
Siete venuti su talmente bene che i vostri stessi figli sono quei ragazzi che stanno dicendo in tutti i modi: guardateci, siamo qui, ci state ignorando.
Siete venuti su così bene che invece di educare i figli al rispetto, li avete picchiati ed educati con i ricatti, così da renderli deboli e arrabbiati.

Io sto dalla parte dei ragazzi.
Incondizionatamente.

Perché li vedo e sono stupendi. Sono intelligenti, simpatici, sprezzanti, pieni di talenti inespressi.
Sono sarcastici, sono furbi, sono pieni di idee e sono arrabbiati perché nessuno li ascolta, nessuno li considera.
Nessuno gli dà lo spazio per esprimere se stessi, crescere come individui e come cittadini, trascorrere il tempo in modo stimolante.

Vorrei solo avere i soldi necessari per aprire un centro sociale e tenermeli tutti lì, per dire loro che io li vedo.

La solitudine dei ragazzi delle medie: come diventare genitori più presenti e consapevoli

Era tanto che volevo scrivere questo post, ma ogni volta che scrivo una parola mi viene da piangere. Faccio molta fatica a sopportare questa situazione, perché mi riporta al mio vissuto personale, all’inizio di tutti i miei problemi: quella solitudine devastante da cui è partita la mia depressione, la mia bulimia/anoressia/obesità, quella mancanza di stimoli culturali, quel sentirmi sempre ‘un passo indietro’ al liceo rispetto ai miei compagni che venivano dalla città.

Ne ho parlato molto con Francesca Palazzetti aka Mammafrau, nelle ultime settimane (seguitela su Instagram: ne vale la pena).
Ci siamo scritte cose bellissime, e lei in particolare:

Quanto conta anche il punto di vista da cui guardiamo le cose. Sentire il peso della responsabilità della famiglia, quelli che non vogliono figli perché è una responsabilità troppo grande.
Ma invece avere l’onore della responsabilità? Una società che dice che avere responsabilità è una fregatura, come ci aiuta a insegnare ai figli che le responsabilità sono conquiste, a volte riconoscimenti, e in ogni caso grandi occasioni?
Catturare l’interesse di giovani su cose giovani, non lontane da loro. Spostare un certo tipo di narrazione verso il seguire i propri sogni e raccontare cose concrete senza stereotipi.

Io mi sono fatta forza e da giorni penso e ripenso a cosa voglio dire in questo post, e soprattutto a come dirlo, per non offendere nessuno, soprattutto dove vivo. Penso che sono arrabbiata e che quando mi arrabbio io non mollo, finché non ottengo quello che voglio. Che spesso non è per me, anzi quasi mai, ma è per gli altri: perché le cose siano eque per tutti, che io poi tanto me la sono sempre cavata (e infatti non a caso sto andando dalla psicologa, proprio perché faccio sempre questo passaggio mentale che io devo salvare il mondo – per poter salvare me stessa).

Allora vi faccio un elenco sparso di cose che io penso siano urgenti da fare, tutti quanti, come genitori.
E spero che tutti ne possiamo fare tesoro per imparare ad essere genitori più consapevoli, ma anche per andare a bussare nei nostri rispettivi Comuni per chiedere che le cose cambino, perché è arrivato il momento di rendere l’Italia un paese per ragazzi.

Mamme, continuate a lavorare

Lo dico da sempre, ma adesso più che mai: se le donne tornano al lavoro, sarà lo Stato a dover garantire il Welfare alle famiglie.

Io capisco benissimo che non tutti vogliamo scegliere lo stesso tipo di vita, ci mancherebbe.
Ma quando sento le ragazze giovani che mi dicono che il loro obiettivo è sposarsi e avere figli, fare le madri, stare a casa, mi viene da piangere.

Io non sono nata per lavorare‘, mi ha detto un giorno una ragazza di poco più di 20 anni.
E io rispetto il suo discorso, ma allo stesso tempo penso che questa ragazza non sia stata EDUCATA per lavorare, per sentirsi degna di un lavoro, per sentirsi forte e capace.

Per lei il lavoro era una fatica a cui non sottoporsi. Per me il lavoro è indipendenza, forza, soddisfazione, crescita, potere e persino divertimento. Il lavoro per me è libertà: di diventare chi sono, di esprimere me stessa ad alta voce, di farmi sentire e di trovare un posto nel mondo.

Io credo che possiamo aspirare ad essere qualcosa in più che mogli e madri che portano i piatti caldi in tavola, no?
E con le unghie, fatte, mi raccomando!

E se la vostra preoccupazione è che, lavorando, non possiate più accudire o godervi i figli, guardatevi intorno: ispiratevi dalle donne che lavorano e scegliete bene. Studiate per ottenere posti di lavoro migliori, con stipendi migliori e con orari migliori. Le rivendicazioni sindacali si fanno in ufficio, non su Facebook.

Combattiamo gli stereotipi di genere e piantiamola di dire che non esistono!

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Ogni volta che sento dire che non è vero, che in Italia non ci sono gli stereotipi, mi viene da girare con un volantino del supermercato arrotolato tra le mani, per darvelo sulla capoccia. 😉

Tra poco sarà Natale: andate a vedere i giocattoli per maschi e femmine (perché questa divisione ancora esiste). Oppure andate in un negozio di scarpe a vedere come le scarpine delle bambine siano tutte lustrini e tacchettini, mentre i maschi hanno scarpe da ginnastica e sandali per correre.
O andate in una catena di vestiti, dove i maschi hanno le stampe dei supereroi e le femmine le pailettes, oppure delle bellissime scritte come ‘cute, love me, dream, fancy, romantic, magic, lovely, dance e cherie‘ (tutto vero).

Scegliete bene i prodotti per i vostri figli: educateli alla parità da subito, se volete che da grandi siano più felici e più soddisfatti di sé.

E attenzione: nessuno vuole negare le differenze di genere, né i gusti personali. Se una bambina ama il rosa e le scarpette da danza, non deve sentirsi costretta ad amare i trattori e lo skate. Interrogatevi, però, se è una sua scelta, oppure se l’avete cresciuta così.

Benissimo i nonni, ma scegliete l’ultimo anno di nido

Io sono stata la prima a tenere con me mia figlia fino ai due anni: grazie al cielo potevo farlo insieme a mio marito, e quindi è stata una scelta fattibile (che non è fattibile per tutti, proprio per i ritmi di lavoro). Non tutti hanno i nonni a disposizione o un lavoro part time, ma anche questo deve essere materia di ribellione: il Welfare ce lo dobbiamo prendere, non possiamo aspettare sul divano che le cose cambino da sole.

Chi può sceglie i nonni e io sono d’accordissimo (come se il mio parere contasse qualcosa), ma ritengo anche fondamentale che intorno ai 2-3 anni i bambini possano frequentare l’ultimo anno di nido.

Dall’analisi [di Save The Children: Nuotare Contro Corrente Povertà educativa e resilienza in Italia, ndr] emerge chiaramente che i minori di 15 anni che appartengono al quartile socio-economico e culturale più basso (il 25% della famiglie più disagiate), ma che hanno frequentato un nido o un servizio per l’infanzia, hanno il 39% di probabilità in più di essere resilienti, ovvero di raggiungere un livello di competenze tale da favorire l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, misurate attraverso i test PISA in matematica e lettura, rispetto ai loro coetanei che non lo hanno frequentato.
I dati confermano le ricerche svolte da economisti, neuro-scienziati, sociologi, che affermano che la povertà educativa è imputabile in larga misura alla privazione di opportunità di apprendimento nei primi anni d’età. La frequenza del nido o dei servizi della prima infanzia, di qualità, che utilizzano, quindi, un approccio pedagogico olistico che guarda al benessere del bambino, rappresenta un fattore protettivo essenziale per la resilienza.

L’offerta educativa di un asilo nido non è minimamente paragonabile a quella che possiamo offrire in casa, noi o i nonni, nemmeno se siamo educatori in pensione.

Povertà educativa in casa: partiamo da qui

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Parlo di povertà educativa proprio come ne parla Save The Children nel suo report:

Secondo l’indagine PISA sono più di 100.000 su un totale di quasi mezzo milione, gli alunni di 15 anni in povertà educativa “cognitiva”, ovvero che non raggiungono i livelli minimi di competenze in matematica (il 23%) ed in lettura (21%). Questi minori non sono in grado di utilizzare formule matematiche e dati per descrivere e comprendere la realtà che li circonda, o non riescono ad interpretare correttamente il significato di un testo appena letto.
Nella maggior parte dei casi, gli alunni che non raggiungono queste soglie provengono da contesti svantaggiati dal punto di vista socio-economico e culturale. I minori che vivono in famiglie con un più basso livello socio-economico e culturale (appartenendo al primo quartile o 25% delle famiglie più disagiate) hanno più del triplo di probabilità di non raggiungere le competenze minime, rispetto ai coetanei che provengono da famiglie più benestanti (il 25% delle famiglie più agiate)13 (Fig. 1).

In quante case non si legge nemmeno un libro? In quante famiglie il tablet e lo smartphone sono diventati strumenti ‘educativi’ o di ‘intrattenimento’?
In quante famiglie l’aspirazione massima è avere figlie Influencer e figli calciatori?

Ora, lo ripeto, per chiarire la mia posizione: non c’è niente di male a voler diventare calciatori. Non sto dando giudizi di merito.
Sto parlando delle ambizioni vere delle persone, non quelle finte legate solo ai soldi, al successo e alla televisione.

Sto parlando di modelli culturali di riferimento, dove la pubblicità ci dice che le bambine da grandi diventeranno ballerine e i bambini diventeranno scienziati.

Lo capiamo che questo è gravissimo? Come potranno i nostri figli scegliere liberamente cosa studiare e cosa diventare, se la società schematizza il successo in questo modo, rosa e azzurro?

Dove sono i papà?

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Io non credo sia normale che il peso economico di una famiglia stia tutto sulle spalle dei padri. Se le madri non lavorano e a loro è relegata la cura dei figli, il peso obbligatorio dei padri è sostenere la famiglia economicamente.

Con la conseguenza che spesso i padri sono assenti, perché lavorano troppe ore per portare a casa troppi pochi soldi (ditemi se non è vero, che tanto i soldi non bastano mai). E così da un lato la donna fa i salti mortali nel risparmiare, da un lato l’uomo fa i salti mortali per guadagnare, e in mezzo ci sono i figli, che spesso mancano di tutto: dei soldi per fare sport, dei soldi per i libri nuovi, per il dentista… ma anche della cura dei genitori, impegnati a sopravvivere.

Se uomini e donne lavorassero alla pari, avremmo tutti più soldi, più tempo per noi stessi e per i figli, più opportunità e più servizi dallo Stato.
In un mondo ideale, LO SO.

E non sarebbe così strano vedere i papà interessarsi ai figli, sapere che classe frequentano e chi sono i loro compagni di classe, conoscere il nome dei professori e il loro numero di scarpe. Non ne hanno forse il diritto?

Per essere genitori consapevoli bisogna studiare

Più mia figlia cresce di età, più mi rendo conto che studiare pedagogia mi è servito e mi serve ancora. Non mi capacito del perché le famiglie non abbiano la possibilità di frequentare corsi sulla genitorialità gratuiti, organizzati dalle ASL e dalle scuole (in orari fattibili, non sempre per le mamme che non lavorano).

Non mi capacito del fatto che per essere genitori non sia prevista una formazione. Che, attenzione, non significa dover superare un esame, ma almeno un percorso sulla genitorialità consapevole? Si fa il corso preparto. Non si potrebbe fare un corso per genitori?

Non si potrebbe periodicamente avere diritto di usufruire gratuitamente, con i soldi delle nostre tasse, di percorsi che parlino di psicologia e pedagogia dell’età evolutiva? Non dico dallo Stato, ma almeno dal proprio Comune?

E senza aspettare che tutto arrivi dall’alto, vi prego: leggete libri di pedagogia. Leggetevi tutto Alberto Pellai, per esempio:

Non dico di studiare il Metodo Montessori da soli, ma almeno leggetevi Pellai, che è italiano e conosce benissimo la situazione dei nostri ragazzi, e scrive libri chiari, semplici da capire, ricchissimi di spunti per migliorarci come genitori.

Non abbiate paura di pedagogisti e psicologi

In Italia c’è ancora troppa resistenza nel chiedere aiuto ad esperti, per l’educazione dei figli. Ci sentiamo tutti bravi e non vogliamo essere etichettati come cattivi genitori o, anca peggio, come pazzi.

Beh, questo è un errore vero. Se chiediamo aiuto a un pedagogista o a uno psicologo, l’aiuto lo riceviamo per noi e quindi indirettamente per i nostri figli. Per migliorare noi stessi e agire meglio come genitori e come individui.

Per rispondere ai figli non attraverso il nostro vissuto, ma attraverso il loro.

Appoggiate la scuola, siate partecipi

L’alleanza scuola-famiglia è fondamentale. Le scuole non sono perfette, è vero, ma non lo siamo nemmeno noi genitori.
Creare un vero patto di corresponsabilità scuola e famiglia è l’unico modo per sfruttare un servizio capillare, che già funziona, e che può davvero fare la differenza nella vita dei nostri figli.

Impegniamoci nella scuola: seguiamo i figli nei compiti, controlliamo e firmiamo il diario, partecipiamo alle riunioni. Quando possibile, candidiamoci per diventare rappresentanti di classe o membri del Consiglio di Istituto e diamoci da fare in prima persona.

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Non lasciate soli i figli quando diventano grandi

La tentazione di riprendere in mano il nostro tempo, alle medie, è forte, e un po’ ce lo meriteremmo anche.
Siamo stanchi, io sono stanca. Ho tante cose da fare e poco tempo per farle.

Tuttavia è proprio adesso che dobbiamo tenere duro ed essere ancora più presenti di prima.

Sarà un tipo di presenza diversa, dietro le quinte. Un passo indietro ai figli, pronti a raccoglierne i pezzi quando si rompono, vigili sulle amicizie e sugli smartphone, presenti quando si tratta di accogliere la loro sofferenza, attentissimi nei confronti del rendimento scolastico.

La fatica, adesso, è mentale.

Aprite le porte di casa

Chi può, chi ha tempo, chi è a casa il pomeriggio: aprite le porte di casa e accogliete gli amici dei vostri figli.
Non possiamo permettere che i ragazzi stiano in strada tutto il pomeriggio. Prendiamoci cura di loro mentalmente e fisicamente: con un pranzo tutti insieme, un po’ di compiti, una casa sicura dove trascorrere del tempo di qualità.

Che può anche essere tempo per i videogiochi o per le chiacchiere sul divano, ma almeno in un ambiente protetto e con un adulto sempre nei paraggi.

È faticosissimo. Il nostro sogno di stare in pigiama per casa si infrangerà con l’adolescenza dei nostri figli, in cui bisogna sempre essere vigili, avere sempre due pizze surgelate in freezer, e la prontezza di spirito di aprire quando suonano al citofono, chiudersi nella propria stanza ed essere ‘invisibili’, ma presenti.

Battetevi per i figli, perché nel vostro Comune gli vengano dati gli spazi necessari

Come dicevo, nelle ultime settimane ho fatto tante riflessioni sugli spazi comunali e scolastici.
Siccome invierò questo post alla vice Sindaca che particolarmente sensibile all’argomento, e a un Assessore che so essere particolarmente illuminato e competente sul tema, ecco la mia promessa: ci vediamo in Comune per cambiare le cose.

Trovatevi una decina di genitori che, come voi, abbia a cuore il quartiere in cui vivete, e iniziate a fare riunioni, a parlarne, a contattare la scuola e il Comune/Circoscrizione, coinvolgete le associazioni e cercate di cambiare le cose.

Io credo che sia davvero arrivato il momento in cui iniziamo a batterci per i nostri figli, per dargli un mondo migliore di quello che gli abbiamo lasciato in eredità fino ad ora. Siete d’accordo?



Commenti

35 Commenti per “La solitudine dei ragazzi delle medie”
  1. Meg

    Innanzitutto complimenti vivissimi per questo meraviglioso articolo scritto con il cuore, si percepisce chiaramente che è un argomento a cui tieni in modo particolare. Sono pienamente d’accordo con te nell’affermare che i giovani sono meravigliosi e che quando non ce ne accorgiamo più dovremmo iniziare seriamente a preoccuparci, e che lo studio, l’ascolto, l’osservazione e l’accoglienza (oltre a tonnellate di santa pazienza) sono i semini che negli anni danno buoni frutti nonostante i periodi in cui sembra che tutto vada a rotoli…Purtroppo la formula magica che funziona per tutti in ogni situazione non c’è, per quanto mi riguarda io non mi sono mai vergognata a chiedere aiuto, anche per i figli: alle nostre famiglie di origine, al comune, alla scuola, alla parrocchia, allo sport, pur di tenerli sempre impegnati e in compagnia, anche durante l’adolescenza, perché la cosa che mi spaventa di più in assoluto è la strada: troppi amici ho perso per la strada tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80 (periodo in cui anche le mamme casalinghe e vigilatrici nel mio paesello hanno cominciato a lavorare a tempo pieno fuori casa) e sicuramente sarà stata una coincidenza, ma quasi tutti quelli che passavano il pomeriggio da soli in strada a far niente hanno fatto una brutta fine.

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

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      Guru
      Mamma di Dafne (16 anni)

      Eh sì, Meg, ho la tua stessa terribile esperienza. Nel mio paesello c’è sempre stato tantissimo spaccio e molti amici li ho persi così, con l’eroina.
      Tra l’altro le ultime statistiche dicono che sono in fortissima crescita sia l’eroina, che ovviamente le infezioni da HIV.
      Dagli anni 90 a oggi abbiamo perso per strada tutta l’enorme prevenzione che si faceva, e lo trovo scandaloso e preoccupante.

      • Meg

        E’ vero: aumento del consumo di droghe ritornate dal passato e abbassamento dell’età di chi le assume. Come se tanto dolore non fosse servito a nulla, è molto triste questa constatazione.

      • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

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        Guru
        Mamma di Dafne (16 anni)

        Non solo: ipersessualizzazione estremamente precoce. La mia psy mi dice di avere in cura ragazzine di 11 anni che fanno già sesso.
        Il problema è che a 11 anni puoi avere anche un corpo femminile, ma hai sempre la testa e la maturità emotiva di una BAMBINA.

  2. stef

    Questo articolo mi ha davvero commosso e in un certo senso rincuorato. Lavoro da sempre, sono madre di due bambine di 9 e 11 anni. Sono sempre andate a scuola da quando avevano 6 mesi, facevano i miei stessi straordinari e i miei stessi giorni di ferie fino all’approdo alle scuole elementari.
    Qui, hano frequentato il tempo pieno ed io anche ero a lavoro dalle 8:00 alle 20:00. Ora che mia figlia più grande è alle medie ho deciso di dedicarle più tempo. Loro crescono, noi siamo sempre più stantchi, il tempo si snoda nelle centrifughe quotidiane, e sento che ce le perdiamo. Per loro eravamo le persone più importanti del mondo, in poco tempo saremo contestati su tutto senza che abbiamo avuto modo di capirci e ascoltarci. Ora sono felice, pranzo con Vittoria due volte a settimana, faccio con lei i compiti tutti i giorni, lavoro qualche volta da casa e lei mi ascolta mentre preparo le mie presentazioni di lavoro in inglese e tenta di capire quello che dico. Voglio starle vicino senza che debba sbrigarsela da sola nello scontrarsi con i problemi insormontabili della sua età.Ho anche parlato, a sua insaputa, con una psicologa, la vedo spesso triste e silenziosa, non volgio che si senta sola e impotente, le ho chiesto consiglio. Non voglio che sia sopraffatta dalla mole di compiti, dai timori dell’adolescenza, dalla solitudine amicale, dai doveri di piccola adulta.Non volgio che la colf la conosca meglio di me e che lei finisca per ignorarmi. Tutto questo non lo faccio per lei, lo faccio PER ME, per assecondare il mio bosogno di controllo, affetto, protagonismo, protagonismo nella sua vita. Grazie per la riflessione

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

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      Guru
      Mamma di Dafne (16 anni)

      Mi specchio nelle tue parole come se fossero le mie: ho le tue stesse preoccupazioni e sto seguendo la stessa strada.
      Ho iniziato ad andare io dalla psicologa perché mi sono resa conto che perdere il controllo su di lei come bambina, mi stava trasformando in qualcosa che non mi apparteneva: una madre petulante e oppressiva.

      E sto capendo che in realtà il mio problema era che io interpretavo la vita di mia figlia attraverso il MIO vissuto, non il suo.
      Tutte le paure che ho: di perderla, che le accada qualcosa, che le facciano del male. La paura di non averla sotto gli occhi. È una sensazione che mi toglie il fiato.

      Allo stesso tempo, però, se io cerco di diventare protagonista della sua vita e delle sue scelte, sarò proprio io a crearle quei problemi da cui voglio proteggerla.

      Sto imparando giorno dopo giorno a rendermi trasparente e di nuovo visibile, solo quando serve. E quando vedo i suoi amici presi a schiaffi dai genitori, oppure lasciati allo sbando, mi sento male fisicamente e vorrei poterli salvare tutti. Come avrei voluto che qualcuno, tanto tempo fa, salvasse me.

      Grazie di cuore

  3. Nadia

    Ho letto con molta partecipazione il tuo articolo e i commenti. Mi toccano molto perché sto vivendo un periodo difficile: da un anno e mezzo mio figlio maggiore è andato a vivere col padre e a mala pena risponde ai miei messaggi. Io nello stesso periodo sono entrata in menopausa con la relativa problematica di sbalzi umorali e depressione, mia figlia di 15 anni ha sofferto l’ennesima delusione e forse dà la colpa a me. Sicuramente in qualcosa ho sbagliato…. I libri di Pellai che consigli li leggo e mi viene il magone perché ritrovo alcune delle cose che non avrei dovuto fare o dire e temo che il dialogo da me tanto cercato sia invece negato
    Da quando è nato Samuele ho fatto il part time al lavoro, per stare vicino a lui e poi a Susanna, per non lasciarli tutto il giorno con altri e avere la pazienza di ascoltarli la sera, per creare un bel rapporto che “tenesse” negli anni dell’adolescenza….invece…..
    Susanna sta sempre in camera sua, ha amiche con cui interagisce via cellulare, che come lei stanno in casa sia perché i genitori non le fanno uscire sia per studiare, a scuola va volentieri anche perché lì incontra le amiche e il rendimento è abbastanza buono…..ma io che alla sua età ero sempre in giro soffro a vederla sola. È vero, nel paese c’è solo l’oratorio e chi non ci vuole andare o sta a casa o in giro per strada. A volte mi dico “meglio in cameretta”, ma è sano? Mi chiedo anche perché non si ritrovino a casa gli uni degli altri, anche solo per studiare insieme….è vero che nella sua classe ha solo una compagna del nostro paese ma la difficoltà è soprattutto legata a genitori che non vogliono che si trovino insieme, forse pensando che perdano tempo…..insomma non so cosa fare e credo di peggiorare le cose “imponendo” la mia presenza nel tentativo di “stanarla”.
    Mi riprometto di lasciarla in pace ma poi quella porta chiusa mi sembra un muro tra noi….. insopportabile ripensando a come eravamo unite prima…..

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

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      Guru
      Mamma di Dafne (16 anni)

      Nadia, tesoro, io non so aiutarti perché sto imparando anche io. Quello che sto facendo è andare dalla psicologa, proprio perché ho capito che sono io a dover mettere in atto dei cambiamenti, e io ad aver bisogno di un supporto per non erigere dei muri.
      Se puoi, io credo che sia la strada giusta. Ti abbraccio

  4. Valentina

    Complimenti Barbara, per come hai affrontato come sempre in maniera chiara e sincera un argomento di cui non si parla. Io stessa ho vissuto gli anni delle medie in profonda solitudine: i miei lavoravano tutto il giorno, mangiavo da sola e stavo sempre china sui libri. Ho sofferto molto, per questo ho deciso che per le mie figlie sarei sempre stata presente lavorando da casa. E questa scelta è molto faticosa, ma mi permette di vederle crescere. Per quanto riguarda invece la partecipazione alla scuola: io sono rappresentante della classe di mia figlia, la prima elementare, e devo dire che in generale non si è affatto propositivi ma si vogliono solo creare problemi anche quando non ce ne sarebbe bisogno.

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      Mamma di Dafne (16 anni)

      Lavorare da casa è sempre molto complicato, ne so qualcosa. Però è davvero una manna dal cielo, per seguire i figli.
      Io non tornerei più indietro, onestamente, ma la fatica è davvero tanta e non si può negare…

  5. È un gran post che mi ha fatto ricordare la mia adolescenza. La ricordo come il momento peggiore della mia vita. Anche nel mio paese ci sono tantissime iniziative per i bambini e niente per i ragazzini.

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      Mamma di Dafne (16 anni)

      I professori mi hanno detto che, se la prima media è difficile, la seconda lo è ancora di più. Solo in terza, i ragazzi iniziano ad assestarsi… quando è già ora di cambiare verso le superiori. A me quello che fa star male per mia figlia, è il livello di tensione a cui sono sottoposti. Non tanto per lo studio, che è tanto, ma regolare. Quanto per le relazioni tra pari: ogni giorno c’è un litigio, una tensione, un equilibrio da trovare…
      Me lo ricordo anche io, ma onestamente viverlo su mia figlia, senza poter far niente, è anche peggio.

  6. Ho impostato la mia vita in modo opposto: bambino dai nonni a 8 mesi e al nido 8.00-18.00 a 1 anno. Scuola materna ed elementare a tempo pieno perché, oltre a lavorare come dipendente in un’azienda quotata in borsa, ho fondato un’associazione e una startup. Con la chiusura della startup e apertura della partita IVA e l’inizio delle medie di mio figlio dopo delle elementari tremende in cui è stato vittima di bullismo (motivo per cui frequenta regolarmente una psicopedagogista che sta aiutando più me di lui), ho deciso di trovare dei lavori più flessibili per iniziare a fare la mamma. Comunque la sua settimana è piena di incastri: atletica, catechismo, pianoforte, scout. Di sicuro il tempo per bighellonare deve ritagliarselo tra un impegno e l’altro. Nel fine settimana laboratori al museo, cinema, gite. È chiaro che posso permetterlo ma in ogni caso la mia priorità è la felicità di mio figlio. Aiutarlo a fare i compiti, invitare i suoi amici a casa, vederlo felice e ricco di stimoli per me non ha prezzo. W i ragazzi, pieni di slanci, curiosità e fantasia!

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      Mamma di Dafne (16 anni)

      Laura, sicuramente voi avete trovato un equilibrio e ti fa onore.
      io ho un po’ paura di sovraccaricare mia figlia di impegni: anche qui ci sono – volendo – i laboratori della scuola.
      Ma non sono sicura che impegnare loro tutte le giornate sia davvero ciò di cui hanno bisogno: è un dubbio che mi pongo.
      Io vedo che la maggior carenza è proprio riuscire a gestire il tempo libero e le relazioni tra pari, in gruppo. Ed è per questo che mi piacerebbe ci fosse un posto per loro, per stare insieme senza ‘obblighi’ di alcun tipo: per coltivare relazioni sane tra pari.

      • Meg

        Sai che ultimamente comincio a pensare che il “tempo libero” lo desideriamo solo noi adulti? I ragazzini non ne sentono affatto la mancanza: “io voglio fare tutto” è il loro motto! Quindi ben vengano mille attività sane e ben gestite, i nostri ragazzi sono in gamba e anche nell’ambito del “dovere” riescono a coltivare le loro relazioni (il commento di Cristina più in basso spiega perfettamente quello che vorrei dire, mi rispecchio molto nel suo racconto)

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        Mamma di Dafne (16 anni)

        Non so, io credo che ognuno di loro sia diverso.
        Mia figlia era una di quelli che voleva fare tutto e poi però ha avuto una sorta di burn out. Adesso fa meno e la vedo molto più serena, e anche a scuola è tutto migliorato.

        Questo è un altro punto molto importante: l’uniformazione della progettualità per ragazzi.
        Qui vanno tutti a catechismo (tranne mia figlia, che non è battezzata), e poi i maschi fanno calcio e le femmine pallavolo. Poi, per carità, negli anni sono nati tantissimi progetti con altri gruppi sportivi… ma se non ti piace lo sport (a mia figlia non piace e non ne ha davvero ‘bisogno’), non c’è niente di culturale. E invece quanto ci serve, una proposta culturale, per innalzare il livello generale dei nuovi cittadini?

        Non so da voi, ma da noi potrei tranquillamente osare a dire che almeno metà dei genitori non sa scrivere in italiano corretto.
        la proposta culturale secondo me è diventata urgente.

      • Meg

        Resta inteso che ognuno è fatto a modo suo, e sicuramente mille attività che possono far felice e salvare un ragazzino potrebbero essere un supplizio e rovinare un altro ragazzino…forse è questo il nocciolo del problema, trovare il giusto equilibrio tra tante variabili. Che fatica!

  7. Come ti ho già detto, bellissimo post, da noi appunto i ragazzi avevano iniziato a battersi per avere il pedibus per i bambini, una bella iniziativa, peccato che invece che essere aiutati dalle istituzioni sono stati lasciati soli, e anzi è stato detto loro di togliere i volantini con cui cercavano volontari.
    Un gran peccato. Abbiamo un bar comunale gestito da uno che odia i bambini e invece che organizzare merende per loro tiene solo cose carissime. Adesso abbiamo attivato la Pro Loco e con quella stiamo cercando di fare iniziative per i ragazzi. Stiamo organizzando la festa di Natale pensata anche per i ragazzi la sera, non solo per bambini e famiglie. Speriamo di riuscire nell’intento, ma al solito mancano fondi.

  8. Riflessioni molto interessanti che bisognerebbe sempre tenere aperte. Anche se mio figlio ha appena cominciato le elementari sento che mi riguarda, perché credo fortemente che dovrebbe riguardare tutti noi adulti. Sulla tua idea di avere spazi/sale riservati ai ragazzi mi chiedo: alla fine invece di interagire non starebbero tutto il tempo con i loro smartphone? Magari sarebbe utile coinvolgerli in progetti sociali/civili concreti? Ti e vi faccio partecipe di una mia i riflessione fatta portando al parco mio figlio. Mi è capitato più volte di vedere adoloscenti che, usciti da scuola, entravano nella zona giochi dei piccoli e si mettevano a giocare anche loro. Sarebbe meraviglioso pensare un parco-giochi per adolescenti (anche per adulti eh), una zona nel parco con i giochi a loro dedicati. Li’ li ho visti mettere da parte gli smartphone e divertirsi insieme.

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      Mamma di Dafne (16 anni)

      Guarda, la mia idea di spazio – che nella mia mente inizia a prendere forma – è culturale, laica e civica.
      Uno spazio dove possano passare il tempo senza fare niente, ma dove ci sia sempre qualcosa da fare. A loro scelta.
      Perché siano loro a scegliere la partecipazione, invece che farsela sempre calare dall’alto. Io sono convintissima che in uno spazio del genere, tra restare a cazzeggiare in un angolo, e magari fare l’orto, scrivere sul blog dell’associazione, partecipare a un laboratorio… sceglierebbero la seconda opzione.

  9. cristina

    Bellissimo articolo, scritto con il cuore davvero. La mia esperienza è stata diversa, e sono convinta che, ai tempi (ora mio figlio ha 27 anni), ho fatto benissimo a imputarmi con mia madre e mia nonna che non volevano che portassi mio figlio al nido. Invece al nido c’è andato eccome – con tutti i problemi che ne conseguono: malattie, corse frenetiche per portarlo e andarlo a prendere, costo della retta, insomma problematiche che credo ogni mamma conosce – però i suoi amici del cuore, quelli che ci sono sempre, li ha conosciuto all’asilo nido.
    Vi assicuro che per una mamma che lavora, sapere sempre dove è tuo figlio, conoscere i suoi amici perché li hai visti “gattonare” …insomma è veramente una cosa meravigliosa.
    In più, nel paese dove vivo io ci sono sempre state molte iniziative per i ragazzini. Mio figlio, per esempio, sin da piccolo frequentava i corsi del teatro, tanto che ora lavora come attore e insegnante, ed il suo “vecchio” teatro lo ha fortemente voluto. Una sua amica che ai tempi delle elementari fece parte del “consiglio comunale per i ragazzi” oggi è assessore comunale.
    Credo di essere stata molto fortunata, ho fatto parecchia fatica perché sono (cioè ero) una ragazza madre, ho avuto la casa invasa da ragazzini per tanti anni, veramente è ancora invasa e sempre da loro, però sono convinta che l’inizio della “mia” fortuna è stato aver deciso di mandare mio figlio al nido.

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      Mamma di Dafne (16 anni)

      Che bello questo commento. È un po’ come assistere a uno slinding door: ci mostra un percorso, una scelta fatta tanto tempo prima, diventata preziosissima tanto tempo dopo.
      Pensa come potevano cambiare le cose, e invece no.

  10. Bellissimo articolo, sto iniziando a prepararmi perché il mio grande è vicino alle medie ormai e io ricordo bene come siano state per me un trauma all’epoca. Bambina cresciuta nella bambagia e a scuola privata, mi sono trovata di colpo in un ambiente totalmente diverso e con più “autonomia” (seppur con una madre iper protettiva). Per me sono stati anni difficilissimi, soprattutto la prima media che ricordo come carica di una grande solitudine, proprio come dici tu. Quindi ben vengano post come questo e qualsiasi genere di iniziative dai genitori o dai comuni a supporto di una fase della vita così confusa e delicata.

  11. valerio vinaccia

    Brava , chiara e coerente !

  12. Elisa

    Grazie x aver messo nero su bianco la verità. Grazie x aver trovato il tempo e per lottare sempre. Condivido tutto e soprattutto ti lascio un cuore ❤

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      Mamma di Dafne (16 anni)

      Il cuore lo prendo tutto, credimi.
      Sto cercando di aiutare me stessa perché questa smania di lottare sempre non mi fa per niente bene, eppure non riesco a sottrarmi.
      Purtroppo io sto cercando di salvare la me stessa di 30 anni fa: quella ragazzina delle medie che chiedeva aiuto disperatamente, senza trovarlo in nessuna istituzione.
      Almeno adesso ne sono consapevole: è già qualcosa.

  13. costanza - content is queen

    Mamma mia quante cose avrei da scrivere e chissà se riesco a esprimermi come vorrei. Che sia difficile fare i genitori l’avete già detto? scusate la battuta…. Io mi ritrovo con uno in prima liceo e uno all’università. Dunque so benissimo di cosa state discutendo. Gli scenari che ho avuto sotto gli occhi in questi ultimi anni sono più o meno due schemi: ragazzi che dalla prima media in poi finiscono alle due la scuola e poi sono a casa da soli il pomeriggio, o quelli riempiti di impegni fino al collo che poi arrancano a scuola perché dalle medie in poi la mole di compiti si fa ancora più pesante e la sera vogliono stare a giocare un po’, alla playstation, vanno a letto tardi e al mattino sono in coma. alla lunga fa molto male alla salute sia mentale che fisica.

    Per cui si dà a sti poveri ragazzi un impegno enorme e soprattutto da svolgere da soli perché i genitori non ci sono. Aggiungi a questo che è una fase di crescita pazzesca, cosa pensiamo di ottenere? che come minimo si perdono o sentono una responsabilità enorme sulle spalle, e non sono in grado di affrontare. In più il rischio che perdano tempo in giro con tutti i pericoli che dicevate…
    Sapete una cosa? Al liceo è anche peggio, lì hanno ancora più libertà di movimento, più rischi perché diventano bersaglio di chi non ha scrupoli, non devo spiegarvi io che intorno alle scuole si vende di tutto, almeno qui a milano… e poi iniziano al liceo a chiederti di uscire nei locali.

    Non ho soluzioni, io ho fatto una scelta di vita che non consiglio a nessuno, totalmente antieconomica e che, senza una forza d’animo enorme, ti schiaccia, la scelta di stare a casa e lavoricchiare (si, perché non saprei definire in altro modo il lavoro dietro un computer saltuario, perché non avendo nessun aiuto intorno poi le incombenze quotidiane me le smeno tutte io, con aiuto del consorte, certo, ma uno dei due deve pur portare a casa la pagnotta!).

    Se ho fatto bene o male lo saprò in futuro, il problema è che non credo assolutamente sia una soluzione quella di caricare di impegni sportivi o altri un ragazzino per occupargli i pomeriggi, deve anche imparare a studiare, a gestire il suo tempo ina utonomia…, ne ho la prova negli adulti nevrotici che conosco e che hanno avuto un’infanzia del genere. Nevrotici è dire poco, non sanno stare soli con se stessi, non sanno bastare a se stessi e li vedi vagare organizzando weekend in gruppo perché così sono abituati. e se un giorno stanno a casa il sabato si sentono in colpa perché non hanno fatto nulla di interessante…. no, grazie.

    La mancanza di strutture è qualcosa che mi ha colpito dall’asilo nido in poi, per cui ne sono abituata e purtroppo a cinquantanni anche disillusa sulla possibilità di miglioramento in italia. E’ un peccato e mi si stringe il cuore vedere ragazzi che non ce la fanno, o a scuola o nelle cose della vita, perché sono davvero abbandonati a se stessi. Ne ho visti tanti, non cose tragiche finora per fortuna, ma talenti che non sono capiti e valorizzati. Problematiche emotive che andrebbero supportate ma non c’è nessuno intorno. A sti ragazzi preadolescenti si chiede di essere efficienti, ma non sanno nemmeno da che parte iniziare. Vanno presi per mano, non è che alle elementari stavi con loro e li aiutavi, e di colpo alle medie o al liceo sono uomini e donne fatti e finiti!

    Barbara, un articolo bellissimo, se i ragazzi avessero degli interlocutori in noi adulti sarebbe un grande passo avanti. Se poi avessero degli spazi per loro ancora meglio. In Italia conosco bene la differenza tra provincia e città, anche in fatto di giovani, i rischi ci sono in entrambe le realtà. Qui in svizzera in apparenza è tutto più organizzato, ma i problemi ci sono eccome con tassi di suicidio altissimi, ma non si possono dire, per cui in apparenza tutto funziona. Il disagio dell’adolescenza c’è in tutte le società, sta a noi adulti pretendere di meglio per loro. Sono pochi anni, in fin dei conti, diamogli retta e diamogli una mano, come genitori, ma anche come zii o nonni.

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      Siamo sempre sulla stessa lunghezza d’onda…

      Gli scenari che ho avuto sotto gli occhi in questi ultimi anni sono più o meno due schemi: ragazzi che dalla prima media in poi finiscono alle due la scuola e poi sono a casa da soli il pomeriggio, o quelli riempiti di impegni fino al collo che poi arrancano a scuola perché dalle medie in poi la mole di compiti si fa ancora più pesante e la sera vogliono stare a giocare un po’, alla playstation, vanno a letto tardi e al mattino sono in coma.

      È esattamente questo, che intendo, quando chiedo al mio Comune uno spazio laico, culturale e civico. Perché deve / dovrebbe essere la via di mezzo tra il ragazzino che alle 14 va a casa da solo a scaldarsi il pranzo e sta solo fino a sera (o va in strada); e il ragazzino sovraccaricato da impegni extrascolastici per non farlo restare solo.

      In molti nei commenti hanno suggerito attività sportive, doposcuola, laboratori… ed è tutto giusto, è bello che i ragazzi facciano cose e che sfruttino le loro energie.
      Ma io insisto nel dire che l’obiettivo non dovrebbe essere quello di riempire i loro spazi con COSE da fare, ma riempire gli spazi con RELAZIONI da vivere.
      relazioni tra pari, innanzitutto, in ambienti sani che non siano la strada. Perché non sanno interagire tra loro, sti ragazzini. Sono sempre in conflitto, litigano, si prendono in giro, si escludono.
      E relazioni anche con gli adulti e con le istituzioni, ma non dall’alto verso il basso, ma attraverso il meccanismo della partecipazione civica / politica.

      In Italia la politica è appannaggio dei vecchi. Non c’è più la militanza.
      Anzi: se arriva dal Nord una ragazzina come Greta che dice cose molto intelligenti, gli adulti la travolgono con commenti di odio e complottismi vari, per metterla a tacere.

      Ecco, quando parlo di spazi per i giovani, i intendo dire che i giovani devono pretendere lo spazio per se stessi, e che devono essere messi al centro delle scelte di tutti, politiche, sociali e culturali. Non come soggetti passivi a cui va erogata la cultura, ma come soggetti attivi che costruiscono nuovi modelli culturali.

      Come? Non lo so. Non credo sia nelle mie capacità intellettuali, politiche ed economiche.
      Ma non si molla un cazzo.

  14. Giada

    Grazie di cuore per questo splendido articolo. Sono pienamente d’accordo con te su tutto. Le mie bimbe sono ancora piccole (la più grande ha 8 anni… ma intravedo chiari segni del fatto che sta crescendo). Hai ragione soprattutto sul fatto di aprire casa ai ragazzi: faticoso, faticosissimo (io sono pigra, nel senso che avrei bisogno di tempi e spazi miei, tranquilli, e già ora tante volte vorrei dire di no quando mi chiedono di invitare gli amichetti a casa – poi invece dico di sì) ma anche tanto bello e soddisfacente.
    E senza giudizio per la ragazza con cui hai parlato, ma la frase “non sono nata per lavorare” fa venire i brividi. Dobbiamo davvero lavorare per il futuro dei ragazzi!

  15. Simonetta

    Grazie Barbara per l’interessantissimo articolo. Io vivo in città, a Torino, in un quartiere della periferia. Il mio quartiere è per vecchi, per i ragazzi c’e poco o niente. Motivo per cui noi ci siamo buttati sullo sport, ma mi rendo conto che non tutti possono permetterselo.

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      Anche noi siamo in periferia di Torino e quindi so benissimo la situazione. Non ho citato lo sport non perché non sia importante, ma proprio perché, come dici tu, non tutti possono permetterselo. Ma anche permettendoselo, non credo sia comunque la ‘soluzione’, nel senso che lo scopo secondo me non è riempire le giornate dei ragazzi, ma creare per loro dei luoghi fisici dove possano stare in sicurezza, scegliendo cosa fare (o non fare).

      Molti dei consigli che mi sono arrivati riguardano laboratori, sport, attività extrascolastiche… Ma io non voglio questo.
      Il mio obiettivo non è ampliare l’offerta extrascolastica, perché quella volendo esiste anche, per tutte le tasche.
      Non sono affatto sicura che riempire loro le giornate come manager, pieni di corsi extra, sia la soluzione. Nei miei sogni, la soluzione sono ville attrezzate con giochi, computer, internet e – anche – laboratori -, ma con un cortile esterno in cui s possa giocare, con un parco, i campi da pallone e da basket, ecc.,..

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