La musica nel cuore: guardare, immaginare, connettere

Pubblicato il 26 Luglio 2017 da • Ultima revisione: 22 Marzo 2018

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Una volta ho visto un film di quelli in cui non basta un’intera scatola di fazzoletti: La musica nel cuore (August Rush). Un bambino, prodigio musicale, nonostante viva in un orfanotrofio sente che i suoi genitori sono vivi – loro non sanno che lui invece è vivo.
Quindi inizia a comporre un brano per orchestra, con questa musica che ha nel cuore, e arriva ad ottenere di poter fare un concerto all’aperto alla Juilliard School, che nel frattempo lo accolto.
E, insomma, questo ritmo, queste note, è come se questa musica collegasse il bambino ai suoi genitori, li riportasse a lui.
Finché la musica glieli riporta davvero, e attraverso la musica tutti e tre si riconoscono.

E noi ce l’abbiamo la nostra musica nel cuore? Abbiamo una voce, un ritmo, un segnale, qualcosa che ci farà trovare sempre i nostri figli, ovunque essi siano? Un filo rosso che ci unisce al di là delle distanze e dei casi della vita? C’è un legame profondo, spirituale, ancestrale, vivido che ci unisce ai nostri figli per sempre?

Mi piace pensare di sì. Mi piace pensare che essere mamma sia una scelta definitiva, irrevocabile e irrinunciabile. 

Al Mammacheblog abbiamo parlato tanto di musica, con i laboratori della Yamaha Music School e nel decidere le parole chiave e le immagini che secondo me sono legate alla musica, ho scelto: GUARDARE, IMMAGINARE, CONNETTERE. 

Soltanto arrivata a casa, ho capito che le stesse parole chiave valgono anche nel mio concetto di genitorialità. 

Guardare i figli, vederli, stargli dietro, essere presenti, dedicare tanto tempo

In questi anni, ormai 9 anni di maternità, in tutti gli alti e bassi che abbiamo avuto, una cosa è sempre stata un vincolo nel rapporto genitore-figlio: dedicare tanto tempo. Ho sempre avuto la percezione, e talvolta l’espressa richiesta, che Dafne volesse tutto il nostro tempo libero, e a volte, in situazioni particolari, anche di più.

E all’inizio pensavo che il tempo servisse di più ai neonati, che vanno accuditi in tutto e per tutto. Invece è adesso, mano a mano che nostra figlia cresce, che il tempo assume in ruolo fondamentale. Il tempo che le dedichiamo, il tempo che passiamo insieme a FARE, il tempo che impieghiamo a stare vicino a lei quando le serve.

È un tempo fatto a slalom, in cui noi dobbiamo essere abbastanza bravi da sparire quando non siamo necessari, e ricomparire quando siamo chiamati. E probabilmente questo sarà il nostro modo di offrire tempo anche per gli anni venire, a chiamata.

Immaginare, diventare creativi, praticare la resilienza

Io, proprio io che sono sempre stata priva di immaginazione e creatività, ho dovuto imparare trovare proprio nella creatività un principio di relazione.

Quando Dafne e io ci mettiamo sedute intorno a un tavolo per fare un lavoretto o creare qualcosa, stiamo imparando a conoscerci, a trovare un terreno di incontro e di comunicazione, a conoscere i nostri limiti e anche a superali insieme. 

Connettere la mente, connettere il cuore, connettere le persone

Essere presenti con il cuore e con la testa, avere un progetto educativo che vada oltre, che sia lungimirante e sul lungo periodo. Guardare al futuro dei figli connettendoli ogni giorno con il presente. Aiutarli anche a connettersi con se stessi, le proprie emozioni, le persone che hanno intorno. Aiutarli ad esprimersi nelle proprie relazioni in modo positivo. 

E – sempre – connetterli con il loro talento. Perché da qualche parte quel talento c’è, come c’è in tutti gli esseri umani.

Lucia e io, poco tempo fa, abbiamo seguito il Campus per giovani compositori delle Yamaha Music School e abbiamo fatto proprio queste riflessioni: di come la musica, il talento, la passione e la creatività possano davvero lasciare un’impronta positiva nella crescita di un bambino.

E come ho sempre sostenuto, se ai bambini diamo bellezza, creatività e libertà sin da piccoli, li abitueremo a pensare al bello, alla poesia, alla musica e alla vita stessa come ad una gigantesca opportunità per essere felici e grati e impegnati. 

Il Campus per giovani compositori è una tappa di un percorso che parte dai Junior Extension Course della Yamaha Music School, corsi mirati a sviluppare l’orecchio e la creatività dei bambini, per approdare al Junior Original Concert in programma per il 12 Novembre 2017 a Roma. Per partecipare a questo campus e per candidarsi a suonare al concerto gli allievi di tutti i Junior Extension Course d’Italia dovevano presentare un proprio componimento.
Su più di 70 componimenti arrivati in Yamaha, ne sono stati selezionati 27, che corrispondono ai bambini che hanno partecipato al campus.
Ogni allievo ha suonato davanti ai compagni di corso il suo brano. Ogni brano è diventato per gli insegnanti lo spunto per insegnare ai bambini qualche tecnica in più, per coinvolgerli in esercitazioni, per giocare sulle emozioni e sulle sensazioni.

Vedere un piccolo allievo, otto anni, sedersi al pianoforte a coda, raccontare il perché di quel particolare titolo e cominciare a suonare il suo brano è letteralmente da pelle d’oca. Guardare i compagni di corso, grandi e piccoli, attenti nell’ascoltare e pronti a raccontare ciò che il brano ha trasmesso loro è rincuorante.
Rincuorante perché c’è ancora posto per la bellezza, per la passione, per l’impegno. Anche in queste giovani generazioni così piene di stimoli, ma spesso così distratte. 

Li abbiamo guardati, questi bambini. Sono bambini come tutti, che magari non sanno chi è Stravinsky, ma fanno il tifo per Valentino Rossi. Sono bambini con una passione, educati al bello e alla disciplina. Li abbiamo guardati mangiare tranquilli a tavola, chiacchierando con i vicini, correre contenti durante le pause dalle lezioni, alzare le mani desiderosi di comunicare. Li abbiamo visti emozionarsi nel suonare davanti a tutti un proprio brano, accettare curiosi di fare gli esercizi e i giochi proposti.

Li abbiamo guardati interagire con spontaneità e curiosità con Cesare Picco, l’artista che ha passato con loro il pomeriggio immergendoli nel magico mondo della musica e dell’improvvisazione. Li abbiamo ascoltati giocare con lui a quattro mani sulla tastiera e ne siamo rimaste impressionate.

E probabilmente molti di loro da grandi prenderanno altre strade professionali, ma la musica e la creatività rimarranno come fili nel tessuto della loro personalità. Essere creativi farà sempre di più la differenza, in tutti i campi, e renderà più bello il mondo. Abbiamo visto che è possibile educare al bello le nuove generazioni chiedendo loro serietà, ma facendolo sempre in maniera giocosa.

Mai abbassare il livello.
I bambini sono capaci di grandi cose, basta saperle proporre con gioia e passione.



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