Come ho imparato ad amare la vita

Pubblicato il 6 Gennaio 2020 da

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Ogni volta che la cronaca parla di un suicidio, mi sento molto coinvolta. Sento di avere qualcosa da dire, pur senza la presunzione di cambiare la vita a qualcuno… ma se fosse possibile? Se con le parole e la comunicazione fosse possibile parlare di sentimenti in modo onesto, e cambiare la vita a qualcuno?

Può sembrare banale, ma sapere di non essere gli unici a provare dolore può essere una delle vie di uscita, una salvezza.
Per sentirsi meno soli, meno inutili, meno disperati.

Io ho vissuto il mio dolore appieno, da giovane, e ho pensato per anni, ogni giorno, al suicidio. Ci ho anche provato. 
Sono stata malata tanto tempo di depressione, abusata, e sono stata per almeno 20 anni – a turno – anoressica, bulimica, affetta da binge, e ora obesa.

Ho dovuto imparare con le mie sole forze ad amare la vita, e soprattutto amare me stessa, per perdonarmi tutto: tutti gli errori, tutte le paure, ma anche tutte le ingiustizie che ho vissuto e che mi hanno segnata nel profondo.

E questo dolore mi ha insegnato una prima, grande lezione: il dolore non è una giustificazione. 

Tutti hanno un dolore, e nonostante questo si può essere brave persone, senza far pagare agli altri i nostri problemi, senza inaridirci, senza essere cattivi o fare del male.

Smettere di odiare è la seconda, grande lezione: rabbia, rancore, odio e vendetta sono sentimenti distruttivi, che consumano il cuore da dentro, e ci incatenano al nostro dolore. Solo chi è capace di lasciare andare l’odio, può diventare felice.

Ed è la terza, grande lezione: accettare il dolore, senza dargli un risvolto positivo (col cavolo!), e senza dargli un risvolto negativo.
È andata così, è passata, io non sono il mio dolore, inutile pensarci ancora.

Ed è la quarta, grande lezione sulla vita: Aspetta un attimo, in fondo puoi sempre ammazzarti domani. 

Io ho fatto così. L’ultima volta che ho voluto morire, mi sono sdraiata a terra e ho detto a me stessa: Posso ammazzarmi anche domani. 
E l’indomani ho detto: Posso ammazzarmi anche domani. 
E il giorno dopo ancora, e quello a seguire: Posso ammazzarmi anche domani. 

Sapere di poter scegliere di morire, senza tabù, ma anche di aspettare un attimo: un attimo dopo l’altro i giorni sono diventati settimane, poi mesi e poi anni. E nel frattempo il dolore si è fatto meno profondo, poi più pallido, infine è diventato ridicolo.
Io ero più forte del mio dolore.

E intanto la vita andava avanti con la sua luce, ogni giorno, un attimo dopo l’altro, e io ero viva.
E quando sei vivo, prima o poi una felicità succede, e poi un’altra e inizi a prenderci gusto e arriva il giorno in cui non hai più bisogno di sapere che puoi morire anche domani, ma sei capace di dire: Potrei vivere anche domani!

Lo scrivo a te che stai pensando di ucciderti. Te lo dico perché so che hai fatto questa scelta con saggezza, e io non la critico: la vita ti appartiene, e nessuno deve giudicarti per come la spendi.

Ma ti chiedo: Aspetta un attimo, tanto puoi ammazzarti anche domani, no? 
E se in questa pigrizia di vivere si nascondesse la tua felicità?

La felicità non è perfetta, e non è perfetto nemmeno il dolore. Prima o poi si creerà una crepa da qualche parte, da cui entrerà un raggio di luce. 
Come d’estate, quando la luce filtra da una piccola fessura della persiana, e resti incantato a guardare il pulviscolo che fluttua nell’aria.
La luce c’è, è quasi tangibile, ed è una luce che saprà invadere tutto.

Allora: Aspetta un attimo, magari domani va meglio. E se non è così, puoi sempre aspettare ancora un giorno.
E un giorno, e un altro giorno soltanto.

Prima o poi la vita arriva. 

Aspetta un attimo, no?



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