I bambini di oggi sono tutti maleducati?

Pubblicato il 17 Settembre 2018 da

bambini-maleducati

Supermercato, ristorante, cinema: scene di ordinaria follia, di capricci, di pianti, di urla e genitori arrabbiati. Domenica, ore 13: due bambini piangono tra le corsie del supermercato e la mamma sbotta, urla, si arrabbia, si allontana. Sono tutti frustrati: i bambini, i genitori, gli altri clienti.

Questi bambini di oggi sono maleducati? Lo sono i loro genitori? Lo sono gli altri clienti, che non hanno la pazienza di stare ad ascoltare i capricci dei bambini?

Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo.

Domenica, ore 13: perché una famiglia con due bimbi piccoli e due genitori sta facendo la spesa adesso? I bambini stanno piangendo di stanchezza: si sente dalla loro voce, si vede da come si trascinano con i piedi, da come si stropicciano gli occhi.
Probabilmente questi due genitori non avevano alternative. Ma ne siamo proprio sicuri?

Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo.

Domenica, ore 13. I bambini sono a casa con la mamma o il papà e a quest’ora, dopo pranzo, stanno riposando. L’altro genitore è andato a fare la spesa al volo, da solo.

Oppure.

Domenica, ore 13. Tutta la famiglia è a casa: hanno appena finito di pranzare e mettono i bimbi sul divano a fare un riposino, mentre anche mamma e papà si riposano a loro volta. Suona il campanello: è la spesa online, che arriva fino davanti alla porta di casa.

I bambini non sono soprammobili

Al cinema, sempre domenica mattina, mamma e papà si giustificano davanti alla piccola folla di famiglie in attesa davanti alle porte del cinema perché i loro bimbi, di circa 3-4 anni, fanno un po’ di chiasso:
A volte vorresti andare al cinema a guardare qualcosa che non sia un cartone animato: dovrebbero mettere i giochi con le palline al cinema, così i genitori possono guardare un film. Certe sere se abbiamo voglia di andare fuori a mangiare una pizza, dobbiamo scegliere locali con le palline, così possiamo stare un momento seduti“.

Tutto comprensibile e giusto, dal punto di vista degli adulti: abbiamo figli, siamo contenti di averli, ma vorremmo uscire, divertirti, perché siamo giovani anche noi, ne abbiamo il diritto.

Ma perché i genitori non escono da soli?

Perché pensiamo di dover trascinare i figli sempre dietro con noi, in qualunque situazione? E soprattutto: perché pensiamo che i bambini debbano essere messi davanti a un tablet o dentro una vasca di palline, pur di stare buoni (ma fuori dalle scatole)?

È vero che non tutti hanno i nonni a disposizione. Ma uno zio, un amico, una baby sitter per le 2 ore di pizzeria? Davvero mi volete dire che quei 15-20 euro sono una spesa folle, una volta ogni tanto? Non valgono forse la nostra serenità come coppia?

bambini-maleducati

La scelta di fare un passo indietro

Partiamo da noi.

Nostra figlia, nel periodo dai 2 ai 4 anni ha vissuto la fase dei terrible two come un uragano alla massima potenza. All’inizio abbiamo provato a portarla con noi al ristorante o al supermercato, ma spesso ci siamo ritrovati nella stessa situazione di queste due coppie: frustrati, affranti, imbarazzati, arrabbiati e nervosi. Sono i primi sentimenti che mi vengono in mente per riassumere tutta la vasta gamma di sensazioni negativi che provavamo in quelle occasioni, oltre al fatto che gli altri bambini ci sembravano sempre bravissimi, tranne la nostra: nostra figlia era l’unica a comportarsi male?

Poi abbiamo capito: eravamo noi a sbagliare.

Sbagliato trascinare una bambina stanca o affamata in un supermercato, sbagliato portarla in situazioni di forte rumore o spazi caotici, sbagliato indurle stimoli eccessivi che lei non era in grado di assorbire.

Per questo abbiamo fatto un passo indietro e ci siamo ritirati a una vita più ‘privata’.
Abbiamo smesso di portarla con noi a fare la spesa: si andava da soli, oppure si faceva la spesa online.
Abbiamo smesso di portarla in pizzeria alle otto e mezza: chiamavamo un’amica che ci facesse da baby sitter, oppure andavamo a mangiare alle sette, e alle sette e mezza eravamo a casa.

Abbiamo smesso di pretendere che nostra figlia fosse un soprammobile carino da sfoggiare nella nostra vita sociale. 

E non abbiamo fatto altro che aspettare che fosse pronta, proponendole attività giuste per la sua età e il suo grado di maturazione emotiva.

“Ai nostri tempi bastava una sculacciata ben assestata”

Ora so già qual è il pensiero di molti: ai nostri tempi non c’era bisogno di arrivare a tanto. Se non ci comportavamo bene, i nostri genitori ci davano uno schiaffo e noi muti, e siamo sopravvissuti lo stesso, e non siamo nemmeno venuti su male.

Ed è qui che io vi dico, personalmente, che state sbagliando: siamo venuti su male.

Siamo venuti su con l’idea che i nostri genitori avessero il diritto di darci uno schiaffo, e noi muti, altrimenti c’erano altre botte a casa.
Siamo venuti su con quella tensione costante, quella certezza che – se sgarravi – sarebbe partito lo schiaffo.
Siamo venuti su credendo che i nostri genitori potessero scegliere per noi qualsiasi situazione, e noi muti: perché al primo posto non c’era il nostro benessere, ma il loro. 

Giusto, non giusto? Non lo so.

Io ho sempre messo il mio personale benessere davanti a tutto e tutti, senza privarmi della mia vita e dei miei interessi, ma ho anche sempre riconosciuto che mia figlia avesse bisogni differenti dai miei, che andavano rispettati. A volte anche rinunciando a qualcosa che avevo voglia di fare.

E non parlo di sacrifici, perché io non credo nel sacrificio, nemmeno per i figli. Parlo di scelte di buon senso: mi era davvero necessario andare in pizzeria il sabato sera? O il benessere di mia figlia veniva prima della pizzeria?

Indipendentemente dalla risposta che vi siete dati, sul mettere i figli al primo posto oppure no, vi assicuro che non servono punizioni, né schiaffi, per educare i figli. E quando lo ribadisco, in ogni discussione, c’è sempre qualcuno che obietta così:

Si vede infatti come stanno andando le cose! A forza di parlare e comprendere, ci sono in giro solo adolescenti coglioni! Uno schiaffo li raddrizzerebbe!

Breaking News: gli adolescenti coglioni ci sono sempre stati, lo eravamo anche noi. Fare la gara “ai miei tempi”, è una partita persa: vogliamo raccontarci quanti nostri compagni di scuola si sono ammazzati con l’eroina o sono finiti a fare lavori con zero specializzazione, perché non sapevano scrivere una parola di italiano? Davvero vogliamo fare a gara con le cavolate che abbiamo fatto noi, solo perché ci è andata bene?

Educare è diverso da picchiare e anche dall’essere genitori-amici

Educare. Educare è diverso da picchiare e anche da crescere dei figli coglioni.

Un’infanzia felice dovrebbe essere il diritto di ciascuno.

Non c’è differenza tra uno schiaffo e una violenza, perché si usano le mani per esprimere sempre la violenza, e ci si sente legittimati a farlo più di una volta.

Non è una giustificazione picchiare poco o piano, perché si usano le mani sempre per picchiare. Non accetterei di essere picchiata piano da mio marito, perché devo farlo a mia figlia?

Se vogliamo un mondo pieno di bambini migliori, dobbiamo tutti essere genitori migliori. 

Ed è chiaro: si può sbagliare, i nostri istinti possono prevalere, può partire la pacca sul pannolino. Non siamo dei mostri per questo, ma possiamo ancora cambiare!

Tutti i bambini sono competenti.
Basta solo imparare a comunicare bene e non metterli in situazioni in cui non riescono a gestirsi.

Non puoi chiedere a un bambino di fare la spesa alle sei di sera, se è stanco o frustrato.
Non puoi chiedere a un bambino di stare seduto al ristorante per due ore, a un anno.

E comprendere i figli e le loro esigenze, non significa crescerli senza regole.
Educare è dare le regole, ma fare anche in modo che siano attuabili dal bambino. Offrire ogni stimolo giusto all’età giusta, proprio come ha sempre ribadito la Montessori – che di regole se ne intendeva, e non era affatto portatrice di un metodo libertario.

Lo schiaffo, la pacca sul pannolino, la punizione… sono tutte scorciatoie, perché a volte non ce la si fa, si è stanchi, tutti ti guardano e ti giudicano. E perché siamo umani. 
Ma non è EDUCARE.

Educare – sì cavolo, fatemelo dire – è altro. È renderti conto che tuo figlio ha esigenze diverse da te, anche se ti rode al momento.
È iniziare a fare la spesa online perché tuo figlio non regge un’ora dentro al supermercato.
È imparare ad abbracciare e contenere quando gli vorresti spaccare la faccia.
È imparare a respirare profondamente e pensare lucidamente, anche quando vorresti solo urlargli contro.

Dio solo sa la fatica che abbiamo fatto i primi anni, senza aiuti e con una figlia sempre arrabbiata, che sembrava l’unica a fare solo capricci.
Ci ha insegnato lei cosa fare: ascoltare, capire, accettare!

Posso dunque insegnarvi ad essere genitori migliori?
No, sto ancora imparando dai miei errori, non ho ancora preso la laurea di genitore perfetto. Ma sono onesta con me stessa: quando commetto un errore lo ammetto e cerco di porvi rimedio, perché so di non essere infallibile e so di sbagliare tutti i giorni.

Comprendere le esigenze dei figli non ci rende genitori libertari

Questo mio modo di vedere le cose non mi ha resa amica di mia figlia: io sono sua madre, siamo noi che dettiamo le regole e non lei.
Ma abbiamo capito che anche i bambini possono far parte di questo percorso di regole condivise: possiamo parlarne insieme delle regole della famiglia, cambiare idea anche noi, e altre volte essere ferrei nelle nostre decisioni.

Quindi no: i bambini di oggi non sono maleducati, e non vanno rimessi a posto con due ciabattate sul sedere.

I bambini vanno ascoltati.
I bambini ci chiedono di essere ascoltati e di rispettare i loro tempi, e di fornire loro gli stimoli adatti alla loro età.

Ci chiedono tempo: tempo per gestire le proprie frustrazioni, tempo per imparare a gestire la stanchezza e la fame, tempo per imparare a fare la pipì nel gabinetto, tempo per raggiungere le proprie tappe di crescita. 

Se non vogliamo figli maleducati, dobbiamo insegnare loro le regole che riteniamo giuste, e dargli il tempo di acquisirle e metterle in pratica. 

Convincendo noi stessi che i nostri figli non sono soprammobili, che non sono nati per farci fare bella figura in pizzeria, e che le loro frustrazioni sono un bene – perché è attraverso l’espressione di una frustrazione e la sua accettazione, che si diventa esseri umani migliori, e rispettosi.

Diamoci una mano: non siamo qui per giudicarci, ma per aiutarci. Per condividere esperienze. Per ammettere le nostre imperfezioni.



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *