Mamma Felice

Alto contatto non è dipendenza

Pubblicato il 29 Agosto 2016 da • Ultima revisione: 29 Agosto 2016

L’Attachment Parenting o attaccamento parentale, nella sua accezione più pura, incoraggia i genitori a trattare i figli con gentilezza, rispettandone la dignità e opponendosi a ogni forma di autoritarismo.

 attaccamento-parentale-attachment-parenting-allattamento-dipendenza-autonomia

Significa provare empatia per i figli, comprendere le loro esigenze e assecondarle, e soprattutto stare a contatto con loro, anche pelle contro pelle, finché sono neonati e dedicare loto molto tempo.

L’attachment parenting è stato teorizzato da William Sears, ma in alcuni punti io ritengo sia strettamente connesso con il Metodo Montessori, soprattutto quando parliamo di rispetto per i bambini, di accoglienza, di ascolto e di empatia.

Tutto con un unico obiettivo: lo sviluppo armonioso del bambino.

L’Attachment Parenting è uno stile educativo basato sull’importanza del contatto tra madre e figlio, e tra genitori e figlio.
Gli elementi fondanti sono il rispetto del bambino e delle sue esigenze ma soprattutto un contatto prolungato pelle-pelle: tener vicini i propri figli, tenerli letteralmente ‘addosso’ abbracciandoli o portandoli in fascia, per coltivare e realizzare con loro un fortissimo legame di empatia.
Non è un invito a crescere figli viziati e deboli, ma anzi un invito a crescere figli forti e sicuri, fiduciosi in se stessi, resi forti dal legame con i genitori.

Attaccamento parentale è esserci sempre, consolare ad ogni pianto, aiutare i bambini a dormire senza pianti, credere nel potere del contatto pelle-pelle e tenere in braccio i neonati il più possibile, dare conforto e presenza ogni volta che il bimbo lo richiede.

Ma fino a quando e fino a dove, possiamo parlare di alto contatto?
Con la scusa dell’alto contatto, molti genitori perdono l’occasione di lasciare andare i figli, assumendo la tendenza a farli restare neonati il più a lungo possibile. Non è raro vedere bambini timidi, insicuri e incapaci di stare con gli altri bambini, per poi scoprire che i genitori praticano l’attachment parenting. Ma lo praticano male, perché il suo obiettivo è esattamente l’opposto: serve a costituire una base sicura di fiducia che dà al bambino la libertà e la forza di esplorare il mondo.

Montessori infatti diceva: Aiutami a fare da solo.
AIUTAMI: sii la mia forza, restami accanto, incoraggiami.
A FARE DA SOLO: lasciamo andare, dammi gli strumenti per essere autonomo e non aver paura.

Siamo noi a stimolare e garantire l’autonomia e la crescita dei figli, che da soli non sanno come fare.
Ma Attaccamento Parentale però non può essere un cordone ombelicale che tiene legati i figli a sé, come fossero ancora neonati.

Si può essere genitori ad alto contatto e allo stesso tempo incentivare l’autonomia dei figli e la loro crescita, rendendoli fiduciosi in se stessi.
Questo avviene se mettiamo al centro della sua vita il bambino stesso, e non il rapporto che il bambino ha con i genitori.

Il bambino sa che può tornare indietro e trovare l’abbraccio autentico dei suoi genitori, ma questi, invece di trattenerlo in quell’abbraccio, lo sproneranno ad acquisire la sua autonomia – tappa per tappa, a piccoli passi.

Così l’allattamento prolungato – su cui io non sono favorevole, ma ciascuno fa ciò che crede meglio – non dovrebbe essere una scusa per non affrontare i problemi con i figli e impedirne la crescita.
Se un bimbo di due anni si fa male al ginocchio, non è il seno la sua soluzione: è il cerotto, la consolazione dei genitori, esorcizzare una paura.
Se un bimbo di tre anni piange nel sonno, non è il seno la soluzione: è abbracciarlo, consolarlo, dare un nome alle sue paure e lavorare con lui in modo che le possa affrontare e gestire.
Se un bimbo ha una crisi di rabbia, non è il seno la soluzione: deve trovare gli strumenti per riconoscere la sua rabbia, e imparare a gestirla.

Offrire solo il seno è come tappare la bocca alla comunicazione, mentre invece i bambini hanno bisogno di esprimere rabbia, frustrazione, paura – dando un nome ai propri sentimenti, e cercando di affrontarli a piccoli passi.

Riprendiamoci il nostro posto di genitori, di guide, di accoglienza, senza invadere lo spazio dei figli.

Dobbiamo imparare a crescere persone capaci di vivere felicemente, in possesso di tutti gli strumenti per essere felici: curiosità, fiducia in se stessi, resilienza, capacità di risolvere i problemi, coraggio, empatia, gentilezza.
Non limitiamo la loro a vita ad un semplice voltarsi indietro per chiedere la nostra approvazione prima di fare qualunque passo.

Non è affatto semplice imparare il delicatissimo equilibrio tra attaccamento parentale e la giusta esigenza di autonomia dei bambini.

Una strada è quella di essere genitori autentici, ascoltare il nostro cuore e soprattutto ascoltare i nostri figli: se hanno l’esigenza di andare, noi dobbiamo lasciarli andare. un pezzo di noi lo porteranno comunque con sé.



Commenti

4 Commenti per “Alto contatto non è dipendenza”
  1. Maia

    Che bell’articolo!
    Con mia figlia (che ha 25 giorni) ho scelto di essere un genitore ad alto contatto. Piccolina di peso, non si rassegna ad essere “fuori” dalla pancia. Nella carrozzina piange, nell’ovetto piange, vorrebbe stare a contatto fisico con me o mio marito praticamente sempre.
    E ovviamente, tutti a criticarmi (“La vizi!”). Così mi sono venuti dei dubbi, ma questo articolo mi ha un po’ rassicurato, mettendo in luce sia gli aspetti positivi, sia le esagerazioni. Grazie!

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

      immagine livello
      Guru
      Mamma di Dafne (16 anni)

      Maia, assolutamente nessun vizio, anzi: le stai facendo del bene! Del resto, mettiamoci nei suoi panni: è stata 9 mesi in un piccolo spazio caldo e sicuro, a contatto con il battito del tuo cuore… come potrebbe affrontare i primi mesi di vita senza questa rassicurazione?
      Anche Dafne, mia figlia, era sottopeso (2400gr), mangiava poco, aveva tanto bisogno di contatto. io me la sono portata letteralmente ADDOSSO per mesi. E’ stato bellissimo.
      Se ti può aiutare, per la notte ti consiglio di fasciarla – ovviamente in modo delicatissimo. La fasciatura serve proprio a creare una sorta di bozzolo caldo in cui il bimbo si sente protetto. Io usavo una copertina a triangolo, lasciando fuori le manine, e ovviamente senza mai stringere. La trovi qui: https://www.mammafelice.it/2008/11/25/il-sacco-nanna/
      E anche il sacco nanna, se inizi dal terzo mese, sarà utilissimo come consolazione notturna, perché riproduce un abbraccio caldo.
      Scrivimi, se hai bisogno di qualcosa!

  2. Mariella Savastano

    E come la mettiamo con l’alto contatto da fare con un bimbo quando già ne hai uno?

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