Metodo Montessori: parliamo di educazione che dura tutta la vita
Pubblicato il 12 Ottobre 2020 da Barbara Damiano • Ultima revisione: 12 Ottobre 2020
Spesso si confonde il Metodo Montessori con una corrente di design: nei gruppi di discussione si parla molto di come arredare la cameretta dei bambini, quali mobili utilizzare, come rendere cozy l’ambiente, ma si parla poco dei principi che stanno alla base del metodo.
Ma non ha molto senso creare ambienti bellissimi, con mobili deliziosi, se non creiamo un ambiente educativo altrettanto accogliente e continuiamo a dis-educare i bambini con urla, punizioni e botte. Anzi: il Metodo Montessori a casa può decisamente fare a meno dei lettini bassi da mille euro, in cambio di un’educazione rispettosa.
In Italia c’è un grosso problema: siamo ignoranti in pedagogia.
La pedagogia non viene insegnata in nessuna scuola superiore, a meno che non si frequenti il Liceo delle Scienze Umane, molto specifico.
Si insegna la filosofia, ma mai la pedagogia. E così si continua a credere che educare i figli sia una cosa semplice, ‘naturale’, che non richiede studio e formazione.
E i risultati si vedono.
Si vedono non tanto nei ragazzi – che spesso hanno molti più principi di noi adulti – ma proprio negli adulti, così stanchi, sfiduciati, arrabbiati e incapaci di seguire poche regole sociali.
Quello che più mi colpisce non è solo l’idea che il Metodo Montessori sia diventato un catalogo di arredamento, ma che queste camerette bellissime spesso vadano di pari passo con sfoghi – molto umani e molto profondi, molto veri – di genitori che da questo non-metodo si sono fatti travolgere.
Non per cattiva volontà, ma per scarsa preparazione. Sarebbe come credere che per capire la Montessori basti guardare il film della Cortellesi, per intenderci.
– Non mi ascolta mai
– Non mette in ordine
– Mi sfida continuamente
– Mi picchia
– Non obbedisce, non ascolta i NO
– Non si concentra con niente
– Devo dire le stesse cose mille volte
Qui io vedo due piani diversi di cui possiamo parlare: da una parte credere che il Metodo Montessori (e in generale ogni metodo educativo) debba funzionare subito, come se bastasse un pulsante per programmare i bambini.
Dall’altra ci vedo in generale la poca conoscenza pedagogica, quindi non riuscire a interpretare correttamente quelle frasi – come se i bambini ci sfidassero in quanto, boh, non so: cattivi? perfidi?
Lo studio della pedagogia serve per comprendere i processi evolutivi dei bambini
Interpretiamo insieme queste frasi? Facciamolo proprio a partire dalla pedagogia, ma anche dal Metodo Montessori – senza la pretesa di entrare nello specifico. Fermiamoci davvero solo a ragionare insieme.
– Non mi ascolta mai
Spesso ai bambini, invece che parlare dolcemente e in modo chiaro, diamo ordini o – addirittura – urliamo contro.
“Metti a posto! Smettila”, non sono frasi che si possono veramente ascoltare, perché sono ordini che non contengono nessun messaggio comprensibile.
Se un bambino salta sul divano – con il rischio di farsi male – e noi gli urliamo di smetterla, come può capire il motivo del nostro NO?
Per lui è una cosa super divertente. E come dargli torto!
Allora innanzitutto spieghiamo bene la nostra preoccupazione: ‘Non desidero che salti sul divano perché se cadi da qui puoi sbattere la testa sul tavolino e farti molto male, e io non voglio che tu stia male, perché ti voglio bene‘.
Ma troviamo anche un’alternativa: ‘Che ne dici se andiamo a saltare di là in cameretta, dove c’è più spazio?’, oppure: ‘Se ti piace tanto saltare, possiamo prendere il tappetino elastico!‘.
– Non mette in ordine
I bambini hanno un senso dell’ordine particolare, determinato dai cosiddetti periodi sensitivi: non è l’ordine come noi adulti lo intendiamo, con le cose a posto come vogliamo noi (noi chi? io il senso dell’ordine standard non ce l’ho, ma vabbè).
Amano per esempio che gli oggetti siano sempre al loro posto: guai a spostarli! O che i biscotti siano tutti interi: guai a mangiare un biscotto rotto!
Amano creare borse piene di oggetti, frugare nelle scatoline, mettere i dinosauri tutti in una fila lunghissima per tutto il corridoio…
“Le prove negative che denunciano l’esistenza non solo, ma l’acutezza di questo periodo sensitivo, si hanno quando nell’ambiente esistono delle circostanze che ostacolano il tranquillo svolgersi delle conquiste creative. Allora nasce nel bambino una agitazione viva e spesso violenta, che ha non solo i ben noti caratteri del capriccio invincibile, ma che può assumere apparenze di malattie che resistono ad ogni cura, persistendo le circostanze favorevoli. Tolto l’ostacolo, spariscono invece immediatamente, così il capriccio come la malattia: dimostrando in modo chiarissimo la causa del fenomeno”.
Maria Montessori
Quindi un bambino che sbrocca perché abbiamo messo a lavare i suoi calzini preferiti, non lo fa per farci stare male, né per sfidarci: lo fa perché ha l’esigenza fortissima di un senso di ordine interno, per cui quei calzini devono stare proprio lì dove lui li ha pensati!
La soluzione? La pazienza. L’accoglienza.
È giusto che i bambini sperimentino anche i sentimenti negativi: la rabbia, la frustrazione, la tristezza. Sono sentimenti nobilissimi con cui è bene che i bambini si confrontino, in modo che, da grandi, non possano prendere il sopravvento sulle loro azioni.
I bambini non possono essere sempre felici, proprio come noi – anche se questo ci gratificherebbe enormemente. Ma i bambini possono certamente imparare a diventare felici nonostante le difficoltà della vita: ecco, questo sentimento della resilienza, è proprio ciò che dobbiamo aiutarli ad afferrare.
Invece di sgridarli e umiliarli quando sono tristi e arrabbiati (smettila di fare i capricci, sembri una femminuccia! si dice ai bambini maschi), impariamo a consolarli, ad abbracciarli: possiamo mantenere lo stesso il nostro NO anche se andiamo ad abbracciarli e gli diciamo: ‘Mi dispiace molto che tu sia arrabbiato per questa regola, ma questa regola esiste perché io ci tengo a te e non voglio che tu ti possa far male. Ti voglio bene. Sono qui per te e se vuoi possiamo restare abbracciati finché non ti passa. Puoi piangere, va bene.‘
Pensate sempre ai bambini con empatia: quando voi siete tristi, cosa desiderate? Una persona che vi aggiunga ancora il carico da novanta (Ecco, vedi? Avevo ragione. Te l’avevo detto!) oppure una persona che stia lì con voi in silenzio, vi abbracci o vi dica che vi vuole bene?
– Mi sfida continuamente
– Mi picchia
Di solito con i bambini si tende a ingaggiare lotte all’ultimo sangue: come se l’educazione fosse una partita a risiko, dove bisogna mettere i carri armati a presidiare il nostro territorio.
Quindi, invece di spiegare le regole ai bambini, si pretende che ubbidiscano al primo colpo, come dei robot.
A me la parola ‘ubbidire’ fa ribrezzo solo a sentirla: io non voglio una figlia ubbidiente, ma rispettosa. Voglio che mia figlia impari che esistono delle regole civili che vanno rispettate per il bene di tutti, ma che sia anche libera di contestare le regole che non ritiene giuste, criticare il ‘si è sempre fatto così e quindi sia fiduciosa di poter cambiare il mondo.
Quindi tendiamo a voler comandare i bambini senza che debbano fiatare e se fanno i capricci allora arte la sculacciata, che ‘funziona’ sempre (E stai zitto, che sennò ti do il resto!). Oh, sì, le sculacciate con i bambini funzionano molto bene: la paura li paralizza e diventano dei piccoli robot.
Salvo che così non solo non imparano nulla, né introiettano le regole, ma imparano solo la legge del più forte: appena possono, usano le mani sui genitori, o sui fratelli, o sui compagni di scuola. E un domani sui loro compagni e compagne. Magari fino a ucciderli perché sono stati lasciati?
Perché in qualche modo quel’energia negativa deve essere sfogata!
LEGGI: 10 buoni motivi per non picchiare mai i bambini
– Non si concentra con niente
Infine, ricordiamoci che i bambini hanno una soglia dell’attenzione molto limitata, che accresce con il crescere dell’età. A un anno la loro soglia di attenzione è di pochi minuti, a 2-3 anni può arrivare a 15 minuti, a 4-5 anni fino a 20 minuti, e così via.
Se pensiamo di ‘toglierceli di torno’ per poter fare le pulizie, stiamo sbagliando approccio.
Ed è proprio qui che rientra dalla finestra il Metodo Montessori, che incentiva l’autonomia del bambino attraverso le attività della vita pratica: possiamo e dobbiamo coinvolgere i bambini a svolgere le attività domestiche con noi, per il loro bene e anche per tenerli impegnati insegnandogli qualcosa.
Poco importa se si romperà un bicchiere o se ci metteremo più tempo, o se i calzini non saranno stesi alla perfezione: a voi interessa avere una casa tirata a lucido, o un figlio felice di se stesso?
Quando diciamo NO, spieghiamo ai figli che li amiamo sempre
Cerchiamo dunque di capire i motivi dei nostri NO: sono motivi veri, essenziali, per escludere un pericolo?
Oppure diciamo NO perché siamo sfiniti? O perché ci hanno insegnato ‘che non va bene’, ma in fondo va bene così?
Abbiamo cercato delle alternative?
È molto importante che scegliamo poche regole da insegnare ai figli, inderogabili. Se ogni cosa è un NO, nessun NO è importante.
Se invece le regole sono chiare, precise e spiegate bene, i bambini troveranno più semplice rispettarle.
LEGGI: Regole e coerenza: come essere genitori affettuosi, ma con fermezza
La cosa importante è ribadire ai figli che li amiamo, sempre e comunque. Anche quando siamo arrabbiati, insegniamo loro qualcosa di prezioso: che anche gli adulti si arrabbiano o si sentono tristi, ma questo non è COLPA dei bambini, ma semplicemente la vita. Insegniamo loro a viversi le emozioni negative in modo resiliente, mostrandogli come ci si calma da soli e come si può affrontare anche la tristezza.
E diciamogli sempre, sempre, sempre, che li amiamo – anche quando ci siamo arrabbiati per un loro comportamento.
Impariamo un concetto fondamentale: mai parlare di colpe, ma solo di responsabilità.
Quello che manca ai genitori italiani non è solo lo studio della pedagogia, ma la terapia psicologica
Una cosa che secondo me emerge sempre più spesso, soprattutto dal lockdown in poi, è che gli italiani fanno troppo poco ricorso alla terapia psicologica.
Molti di noi si portano appresso il dolore di un’infanzia negata o della pedagogia nera: sono insicuri, privi di autostima, paurosi, tristi, arrabbiati.
E nonostante questo non si va dallo psicologo, perché si ha ancora lo stigma della salute mentale: come se prendersi cura della mente non fosse un gesto di pari importanza che curare una gamba rotta.
Io vi consiglio con tutto il cuore, invece, di fare terapia: è il regalo più bello che ci possiamo fare, senza arrivare alla depressione o ad essere così sprofondati nel dolore, da dover passare attraverso l’inferno della guarigione.
Regalatevi la terapia come gesto di amore verso voi stessi e verso i vostri figli: vi prometto, vi assicuro, che è una delle cose più belle che si possano provare.
L’educazione dura tutta la vita
I bambini hanno una mente acerba: devono formare tutte le proprie esperienze ed emozioni e non sono dei robottini che agiscono a comando.
Il rispetto delle regole non si ottiene con una frase, una regola o un NO.
È un processo lungo! E dura per tutta la vita.
Non a caso, quando si parla di pedagogia, si parla di longlife education: un’educazione per tutta la vita.
– Non obbedisce, non ascolta i NO
– Devo dire le stesse cose mille volte
Quando educhiamo un figlio, dobbiamo ragionare in anni, non in giorni, né tanto meno per il singolo NO.
Pensiamo sempre: Qual è il principio che voglio trasmettere a mio figlio?
E su quello lavoriamo, giorno dopo giorno.
Questo significa che dovremo spiegare quella regola una, dieci, mille volte. Finché questa regola di sicurezza viene introiettata.
E così via per tutto.
Dieci, cento, mille volte. Con la stessa fede e la stessa pazienza. È così che si cresce un essere umano: con il tempo.
Ubbidienza è una parola molto complicata da ascoltare. L’ubbidienza è cieca, e velata di sensi di colpa: è una fede che non prevede critiche.
Invece in alcuni casi bisogna disubbidire eccome, pensate alla disubbidienza civile su cause importanti che cambiano il mondo.
Io vi inviterei a non cercare figli ubbidienti, ma rispettosi.
Che sono due cose diverse.
Il rispetto è di tutt’altro genere: è positivo, perché implica il volere del soggetto che lo mette in atto, e anche la scelta.
Certe volte ho come la sensazione che genitori che ancora non si sono liberati della ‘pedagogia nera’, insistano molto sull’ubbidienza come fosse un equilibrio di potere: se non ubbidisci, se non ascolti, io perdo il mio potere su di te. Quindi devo ‘punirti’ per rimetterti in riga.
Molto meglio cercare il compromesso.
L’ascolto, però, è empatia. E siamo noi per primi a doverlo dare: non possiamo richiederlo, né forzarlo. Lo dobbiamo insegnare.
La pedagogia è felicità: ricordatevi questo.
Quando state per perdere la pazienza e sentite che state sbroccando, chiedetevi: Cosa posso fare per trasformare questa frustrazione in un momento felice? Cosa posso fare per vivere questo sentimento nel modo più puro, senza colpevolizzare mio figlio?
Io non ci credo che vi piaccia passare le giornate arrabbiati, folli di collera, in giornate piene di tensione e silenzio.
A nessuno piace una vita così. Vi chiedo: quando vi succede, cosa fate voi per cambiare quella giornata, e riportare la pace?