La vecchiaia è importante

Pubblicato il 19 Settembre 2013 da • Ultima revisione: 20 Aprile 2015

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Ho sempre amato molto il mondo della produzione italiana. Quando ancora ero una persona seria, ovvero lavoravo in un ufficio, ero una Consulente di Marketing. Erano bei tempi, quelli: c’era tanto da inventare, c’erano sfide da raccogliere. Poi ero anche giovane e single, e sentivo di avere il mondo a disposizione.
Amavo il mio lavoro. Avevo a che fare con tante fabbriche del made in Italy o semplicemente fabbriche gigantesche con stabilimenti di produzione dislocati in Italia. Avevo poco più di 20 anni, ma potevo parlare tutti i giorni con i Direttori di Produzione, i Direttori di Stabilimento: gente solida, con i piedi per terra, che magari ha fatto la gavetta nella stessa fabbrica partendo come operaio.

Per questo non mi ha stupito la Ferrero nella visita della scorsa settimana: io lo so che le grandi aziende italiane (quelle ancora aperte, ecco…), sono proprio un’eccellenza. So bene che i macchinari sono all’avanguardia, la sicurezza ai massimi livelli, i processi industriali tra i più tecnologici al mondo.

Sarebbe proprio bello che tutti i bambini avessero l’occasione di vederle dal vivo, quelle aziende lì. Per imparare che c’è ancora tanto futuro possibile, nel nostro Paese, anche se in questo clima incerto noi vecchi cinici tendiamo a dimenticarcelo.

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La Ferrero, soprattutto, mi piace perché è rispettosa.
Non voglio adesso fornirvene un racconto romantico. Mi sento anzi molto pragmatica: è una fabbrica, non il bosco delle fatine. Ma è una fabbrica solida, guidata da una famiglia che non ha deturpato il territorio circostante, ma anzi ha creato benessere: asili, una fondazione, iniziative benefiche, cultura, rivalutazione delle campagne e dei noccioleti circostanti, e soprattutto lavoro.
Quando in una fabbrica c’è gente che ha un’anzianità di 40-45 anni, e il turnover è ridotto ai minimi termini, tu sai che quella è un’azienda solida.
Perché c’è dentro un patrimonio che spesso ci scordiamo: la vecchiaia.

I nostri accompagnatori erano tutti ex dipendenti. Gente che alla Ferrero ha passato la vita. Ne parlano con sincerità, hanno persino nostalgia. Io ci credo. Il lavoro, quando ti piaceva, ti lascia una grande nostalgia.
– Ma dopo 45 anni di lavoro, non si è ancora stufato di mangiare cioccolato?
– No, io una barretta al giorno la devo mangiare.
Ma che gli vuoi dire: ha ragione. Quasi mezzo secolo di vita passata lì dentro, i tuoi amici, la briscola fatta dopo il lavoro, gli sbarbatelli che ancora ti salutano con timore reverenziale… che gli vuoi dire. E’ sincero.

Due ore abbiamo camminato per lo stabilimento: abbiamo visto la linea delle barrette Kinder Cioccolato, dei Ferrero Rocher, dell’Estathé… abbiamo visto tantissimo. Io volevo prendere in prestito (= rubare) un carrello elevatore: non ne potevo più di camminare e camminare. Tanto lo sapevo che mi sarebbe piaciuto. Piacerebbe a tutti quelli un po’ sani di mente.

Il mio primo posto del cuore è la tacca che segna l’altezza dell’alluvione del 1994. Mi veniva un po’ da piangere. A quei tempi ero tanto giovane, pensavo che si potesse cambiare il mondo. Forse un po’ il mondo l’ho anche cambiato, non ne sono sicura.
Nei giorni dell’alluvione andavo al Liceo, ed eravamo tutti sconvolti. Erano tempi in cui noi ragazzi credevamo nella politica, nell’impegno civile, in quelle cose dei collettivi e nelle assemblee di istituto. Forse i giovani ci credono ancora.
E allora andammo, alcuni di noi, fino a Canelli. Il punto di incontro era in qualche punto di sosta vicino a un casello dell’autostrada (o della tangenziale, non lo so).
Era una bella giornata di sole. In macchina girai la testa verso il finestrino: un milione di piccole luci dorate infiammavano il fango solido che aveva invaso tutto. Erano i Ferrero Rocher. Tutti nel fango, con la loro carta dorata che sbrilluccicava al sole. Milioni, milioni di cioccolatini immersi nel fango, i cancelli della fabbrica aperti, la devastazione degli impianti. E tutti, tutti i dipendenti della Ferrero a spalare. Spontaneamente. Operai e dirigenti. Con il fango fino alle ginocchia, e la carta dorata che brillava nel mare del fango.
Ma era la loro fabbrica. E in cinque settimane ricominciarono daccapo. E ditemi che cinque settimane sono tante.

Il mio secondo posto del cuore è la Fondazione Ferrero. Una di quelle cose di cui si parla sempre poco, perché i piemontesi ce l’hanno un po’ questa fissa che la beneficenza si fa ma non si dice (secondo me è vero).
Noi abbiamo pranzato lì insieme a Licia Colò e alla sua famiglia. Un posto incantevole. Certo noi abbiamo abbassato la media anagrafica in un solo colpo.
Qui gli ex dipendenti Ferrero al mattino hanno giornali e colazione gratis. A me questa cosa della colazione gratis piace tanto: un giorno anche la mia azienda offrirà la colazione gratis agli ex dipendenti. Dovrebbe essere obbligatorio per tutti!
E poi al pomeriggio corsi creativi, seminari, forse pure un po’ di ginnastica…
L’ho già detto prima: la vecchiaia è importante.

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Così è andata la giornata in Ferrero. No, anzi: così è andata dentro di me, nei miei pensieri solitari, nelle mie riflessioni.
C’era Licia: io l’avevo già incontrata a Roma a Giugno. Nei giorni della calura più terribile, Ferrero ha invitato noi tre a guardare il dietro le quinte del nuovo spot di Licia. Una cosa di quelle che non capitano mai, alla gente come noi.
E con tutto il daffare che c’era, Licia ha trovato pure il tempo di essere carina con noi. E come se non bastasse, si è pure ricordata di noi quando ci siamo rivisti per la seconda volta.

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Lo spot è bello, e spero lo vediate presto. Racconta la tipica sensazione di tutte le mamme che fanno acrobazie per i figli. 
Un po’ mi sono commossa perché lo spot dolci momenti è stato rifatto anche per noi: presi alcuni filmati amatoriali che avevamo mandato per lavoro, li hanno trasformati in un video vero e proprio, con la nostra storia. Spero di mostrarvelo presto.

Questa è stata la mia avventura alla fabbrica della Ferrero.
Non so se ci credete, ma non ho nemmeno assaggiato la cioccolata (Nestore sì, però!). Avevo questo pensiero che mi circolava in testa. Un’idea che si è materializzata raccogliendo le impressioni della giornata: io voglio diventare vecchia.

La vecchiaia è importante.
Voglio diventare vecchia per raccontare a mia figlia tante storie vecchie, e farla un po’ ridere delle cose stupide che facevo, ma farla anche un po’ commuovere per il futuro che l’aspetta.



Commenti

26 Commenti per “La vecchiaia è importante”
  1. Wow 😀
    …nessun assaggino…neanche piccolo piccolo?? complimenti!!
    In ogni caso sappi che hai contribuito a cambiarlo un pochino, questo mondo. Ma tu già lo sai. Anche stimolare le persone a fare qualcosa di bello per se stessi è iniziare un grossissimo cambiamento.
    “Continua pure a lamentarti della tua vita orribile. O cambia vita.”, così dice il tuo pensiero felice di oggi: non è forse una spinta, questa? 😀

  2. Che bella cosa e se ci fosse ancora mio papà leggendo questo post ti darebbe ragione..quando aveva la ditta lui dava tutto per i suoi operai, era ancora della vecchia classe. Che bello questo tuo racconto
    Elena

  3. Sapere che qui si parla di un’azienda in cui le persone invecchiano, in un panorama di tantissime aziende italiane dove a quarant’anni sei da rottamare, mi dà una gran bella impressione.

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

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      Guru
      Mamma di Dafne (16 anni)

      A me questa informazione ha molto colpito, soprattutto in questo momento di crisi. Bisognerebbe tornare a vivere nelle aziende per sempre, invece di essere costretti ad essere randagi anche nel lavoro. Non so…

  4. anche io non ci posso credere che in bocca non ti sia finito neanche un kinder durante la visita
    comunque è vero. oggi non si pensa più che le cose sono più belle quando durano nel tempo. ti ci affezioni anche un po’. sono solide come le persone che le hanno prodotte. oggi, invece, si creano le cose per sostituirle dopo neanche un anno di vita o perché si rompono o perché ce l’ultimo modello da comprare….
    cmq viva la Ferrero. IO ancora oggi mi riservo la mia porzione di kinder, quando si compra, per il momento delle coccole con i miei bimbi.

  5. Stare bene sul posto di lavoro non è affatto una banalità. Purtroppo sono molte le aziende che (nonostante la facciata) non danno nessun tipo di importanza a questo aspetto. Oltretutto facendosi del male (parecchio): si sa che dipendenti più felici lavorano meglio e fanno la migliore pubblicità. Gratis.
    Per esperienza personale però ti posso dire, per fortuna, che esistono anche aziende giovani (e di conseguenza con personale giovane) che lavorano “alla vecchia maniera”, dove si sta bene e si producono risultati d’eccellenza.
    Grazie Barbara per dare testimonianza di una delle realtà che funzionano dalla quale prendere spunto. In questo clima generalizzato di “eh ma accontentati, che di questi tempi non si sa mai, non ti lamentare” le persone purtroppo sono meno inclini a mettere in atto cambiamenti, anche quando sarebbero positivi.

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

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      Guru
      Mamma di Dafne (16 anni)

      Io sono stufa della storia ‘accontentiamoci’ Basta, davvero, come dici tu. Basta. Ci hanno fregati, con questa storia. Ci hanno spinti a pretendere sempre meno dalla vita, e dal lavoro. Non credi?

      • Hai ragionissima. Come se chi vive in un periodo un po’ sfigato meritasse meno degli altri. Ma che storia è questa? Che se poi uno la sente per tutta la vita poi finisce per crederci.

        Io oggi vivo in un compromesso e ne sono consapevole (ho atteso a fare un figlio per stabilizzarmi prima economicamente e il mio lavoro attualmente non mi soddisfa proprio al 100%) ma non mi lamento perchè so che è stato un “mezzo” per raggiungere un certo obiettivo. Dal momento che avrò raggiunto il mio obiettivo primario (un figlio) se questa situazione non mi starà più bene… ci penserò! E qualcosa farò!Ma sto già pensando al futuro. Diciamo che “mi sto organizzando”. Perchè (come tutti. TUTTI.) ho diritto ad essere felice della mia vita.

        Accontentarsi, nel senso di non pretendere niente (anche da se stessi), non ha senso. Bisogna invece imparare ad accontentarsi (nel senso di apprezzare) quello che si ha, proprio perchè ci si è impegnati per ottenerlo.

        E poi, posso dire? Io detesto quelle persone acide e frustrate che perdono il loro tempo ad invidiare chi è felice, anzichè rimboccarsi le maniche e combinare qualcosa che renda felici anche loro. Epporcamiseria! (PS viva il tuo libro, quando l’ho letto me lo sentivo così dentro che a volte mi chiedevo se non l’avessi scritto io. Lo sto facendo leggere a tutti. )

      • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

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        Guru
        Mamma di Dafne (16 anni)

        Applausi!

  6. Quando ero alle medie con la scuola siamo andati a sulmona in gita… e ci sono rimasta malissimo quando siamo andati a vedere la fabbrica del confetti…! Da una passerella in alto, dietro ad un vetro….:( praticamente è stato come non andarci

  7. Il mio compagno è stato uno di quelli che dopo l’alluvione è andato a tirar via i Rocher assieme al fango, lavorando con gli operai che invece di aspettare gli aiuti si sono rimboccati le maniche. Questo fa capire quanto ci tenessero davvero al loro lavoro e come si sentissero importanti in quella fabbrica. Purtroppo troppo spesso gli operai sono considerati numeri quasi molesti da chi comanda…

  8. Mara

    nooo..anch’io voglio visitare la Ferrero con ciuffo e Licia!!! Però il consorte ci ha lavorato tre mesi (T – R – E) ed ha preso 5 kg. :mrgreen:

    Noi l’alluvione (quella..) l’abbiamo vissuta bene: il buio rumoroso di quella notte, la paura dei miei genitori di scendere la mattina a vedere se casa…beh, se casa fosse stata ancora in piedi. Ed i giorni dopo, in cui tutti (anch’io che avevo 13 anni) si andava in Comune a chiedere se c’era bisogno di una mano…e si aiutava a spalare cantine di “estranei”, che da quel momento non lo sarebbero più stati. Nelle avversità ci si ritrova molto uniti..nella vita di tutti i giorni ci si ignora un pò di più.
    La Ferrero comunque è davvero una signora ditta ma si sa…a lavorar nel cioccolato come si fa a non essere più buoni!!!

  9. Barbara, questo post è davvero bello!
    Inoltre lo leggo in un periodo in cui so come voglio essere da vecchia e mi piace ancora di più.
    Complimenti!

  10. Io solo per respirare l’aria della Nutella mi ci trasferirei per sempre!!! Meno male che esistono ancora aziende così!

  11. che bella esperienza e che belle parole, avevo visto qualche tua foto su instagram questa estate e vedere le grandi realtà da vicino e tocarle con mano è sempre una bella cosa 🙂

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