Grazie, Anna Frank

Pubblicato il 28 Gennaio 2019 da • Ultima revisione: 23 Dicembre 2021

Conosciamo tutti la vita di Anna Frank, spero. Vittima del nazismo, scrittrice che, grazie ai suoi diari, è diventata uno dei simboli della Shoah.
Fu catturata il 4 agosto 1944 (circa un anno e mezzo prima della fine della seconda guerra mondiale) a causa di un delatore che fece una soffiata alla Gestapo in merito alla presenza di ebrei nella soffitta di un edificio al Prinsengrcht nr. 263, ad Amsterdam.

Anne morì nel campo di concentramento di Bergen-Belsen.

Era una ragazzina di 13 anni. Una ragazzina che frequentava una scuola Montessori e all’improvviso si trovò a trascorrere due anni della sua vita in una soffitta, nascosta, per potersi salvare. Attraverso i suoi diari abbiamo potuto conoscerla, sapere cosa pensava, quali erano le sue speranze.
Nel 2009 l’UNESCO ha inserito il Diario di Anna Frank nell’Elenco delle Memorie del mondo.

Quello che mi ha sempre colpita di lei, sin da ragazza, era la sua fede incrollabile per l’umanità.
La speranza che si sarebbe liberata, che avrebbe chiesto la cittadinanza olandese, che avrebbe fatto la scrittrice da grande. Da grande.

È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo che può sempre emergere…
(Dal Diario di Anna Frank)

Una manciata di giorni fa 117 persone sono annegate in mare in attesa di soccorsi che non sono mai arrivati. In quella occasione ho letto su Facebook la condivisione di una conoscente, che commentava così la notizia:

Avanti così. Senza pietà.

E quel SENZA PIETÀ mi è rimasto in testa diversi giorni, ed ogni giorno in più che non esprimevo il mio rigurgito, il dolore mi soffocava da dentro, come un panico diffuso.

Ho pensato che SENZA PIETÀ forse potrei dirlo per un assassino, per chiunque facesse del male alla mia famiglia. Forse.
Essendo io contraria alla pena di morte, desidererei una pena importante, ma non so se augurerei ad alcuno di scontare una pena SENZA PIETÀ.

Di certo però non spero che la gente normale muoia SENZA PIETÀ. I disperati, gli ultimi, gli umili, i rifugiati, i barboni, i dimenticati.

Perché quando si inizia a vivere SENZA PIETÀ umana, non c’è più niente per cui valga la pena vivere: solo per se stessi? solo per il proprio benessere? i propri privilegi? Questa per me non è vita, ma una delle nuove interpretazioni del nazismo.

Poi ho immaginato se mia figlia fosse stata su quel barcone: perché quelli che sono annegati in mare erano stati figli di altre madri; erano amici, cugini, fratelli e sorelle di qualcuno.

Ho immaginato me stessa al funerale di mia figlia, con qualcuno che mi diceva: SENZA PIETÀ.
Ho immaginato questa persona, al funerale di una persona cara, con qualcuno che le diceva: SENZA PIETÀ.

Voi che vivete sicuri | nelle vostre tiepide case, | voi che trovate tornando a sera | il cibo caldo e visi amici: | considerate se questo è un uomo | che lavora nel fango | che non conosce pace | che lotta per mezzo pane | che muore per un sì o per un no.
Primo Levi

Perché qui non stiamo discutendo dell’opportunità di accogliere tutti: non è questo il punto del discorso. Non è davvero questo il punto.
Indipendentemente che si sia d’accordo o in disaccordo con l’accoglienza, o d’accordo a metà, o in disaccordo a metà…
Indipendentemente dalle proprie idee politiche e di accoglienza, gioire per la morte di qualcuno, provarne sollievo e anche sperare che le cose continuino così, SENZA PIETÀ, non è umano.

E io voglio ancora restare umana.

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Poi è successa una cosa bella: la Preside e le maestre della nostra scuola hanno coinvolto i ragazzi di 5 elementare in un progetto dedicato ad Anna Frank. Quando si dice che la scuola può ancora fare molto: è questo, che si intende.

E la Preside mi ha chiamata per dirmi che i ragazzi sarebbero passati nei negozi a consegnare i ritratti di Anna Frank disegnati da loro, per chiedermi se i commercianti potevano appenderli. Appenderli come memoria.
E quando, in associazione, ho detto che i bambini avrebbero fatto un tragitto molto ristretto, che c’erano pochi ritratti, era una piccola iniziativa: qualcuno si è offeso. Si sono offesi perché volevano anche loro il ritratto di Anna Frank da appendere in negozio.

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E mi piace pensare che dal mattino seguente, mentre bevevano il caffè o compravano un pezzo di carne, quelle anime SENZA PIETÀ abbiano alzato lo sguardo sul ritratto di Anna Frank e ne abbiano provato pietà.

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Mi piace pensare che, se proveranno pietà per Anna, forse impareranno ad averne anche per gli altri esseri umani.
Erano 117 persone, avevano un nome, avevano una mamma.



Commenti

7 Commenti per “Grazie, Anna Frank”
  1. francesca

    Erano 117 persone.
    E questo basta.

    Io sono arrabbiata, ma proprio tanto. Ora ce ne sono altre 47 in mare di persone, ad aspettare.
    Forse il nostro paese sta impazzendo.
    A volte ho paura di essere complice perchè non faccio nulla.
    Esprimo con il mio voto il mio disappunto, cerco di insegnare ai miei figli l’accoglienza, l’amore per il prossimo e la condivisione, provo ad aiutare chi si trova in difficoltà (raccolte di vestiti, oggetti per la casa, giochi …), ma cosa sto facendo ora per chi muore in mare o viene torturato nei campi di detenzione? Nulla.
    E a volte per questo anch’io mi faccio paura.

    Grazie Barbara

  2. Bella iniziativa della scuola. La scuola può fare tanto e ti assicuro che lo facciamo. Giorno per giorno. Ma spesso è un lavoro invisibile, che goccia a goccia forma le coscienze.

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