Accettare i figli: è una scelta facile

Pubblicato il 10 Luglio 2017 da • Ultima revisione: 10 Luglio 2017

È arrivato il periodo dell’anno in cui vedo l’intensificarsi dei conflitti genitori e figli (delle elementari). Già da qualche settimana sono cominciate le frasi del tipo:
Non li sopporto più! Non vedo l’ora che tornino a scuola! Mi sfidano in continuazione, hanno atteggiamenti che non vanno bene, e soprattutto rispondono sempre di NO. 
Fuori casa sembrano sempre degli angeli, quando arriviamo a casa è il finimondo! 

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Secondo me la chiave di tutto sta nella affermazione: mio figlio mi irrita.
Sento tante volte i genitori dire: non lo sopporto, non vedo l’ora che ricominci la scuola.

Ora, giriamo questa frase e facciamo finta che la dicano di noi: non la sopporto, mia madre. Mi irrita, non vedo l’ora che torni a lavorare.

Come ci sentiremmo? Accolti, accettati, amati? Ci sentiremmo rispettati?
Passerei volentieri del tempo con una persona che, se sbaglio, non solo è pronta a farmi notare il mio errore, ma si sente irritata dal mio comportamento?
E riesco a distinguere, se sono un bambino, se questa persona si sente irritata dal mio comportamento, o proprio da me?

Ecco. Secondo me nel rapportarsi con i bambini tra i 6 e i 10 anni, il punto di svolta è SOLO questo. Imparare ad accettarli per come sono, autenticamente.

Adesso che non sono più i nostri teneri ‘robottini’ che ci ascoltano e fanno tutto quello che gli diciamo.

È qui che nasce la RELAZIONE.
Qui che ci sono due scelte che dobbiamo fare NOI adulti:

  1. comandare, e quindi continuare a intervallare momenti di calma a momenti di tensione;
  2. oppure rinnovare la relazione e accettare che nostro figlio è diventata una persona senziente.

I bambini a questa età prendono decisioni e rafforzano il loro carattere.
Le loro decisioni e il loro carattere possono anche non piacerci, essere sbagliate in evidenza, essere contrarie ai nostri principi morali.

Quindi possiamo comandarli, e riuscire a fargli fare ciò che vogliamo – in qualche modo: si erigeranno dei muri di non-comunicazione che in adolescenza diventeranno dei silenzi, forse.
O possiamo accettarli, lasciare che sbaglino, lasciare che si rendano antipatici ai compagni di scuola e che si vedano provare delle loro amicizie, lasciare che il loro cattivo comportamento determini delle conseguenze nel loro ambiente sociale: questo potrebbe essere definito Metodo Montessori, visto che l’errore viene fuori da sé, senza che noi diciamo frasi come: stai sbagliando, sbaglierai, ecc…

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Decidiamo di accettare i figli. Cosa significa?

Ce lo siamo domandato?
Siamo in grado di accettare una persona che ha degli atteggiamenti che a volte non gradiamo?
Siamo in grado di accettare una persona che abbiamo sì cercato, ma che non ci siamo scelti?

Accettare un figlio significa arrendersi alla sua maleducazione? NO.

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Possiamo stabilire le regole del rispetto, se sappiamo mantenerle anche noi.

Certamente non possiamo chiedere a un bambino o a un figlio di essere rispettoso, se siamo i primi a irritarci di fronte a lui.

– Mio figlio mi provoca continuamente! Più gli dico di smettere di fare lo sciocco, o di dar fastidio ai fratelli, più continua, finché esplodo!

Abbiamo mai pensato che questo atteggiamento sia in parte incoraggiato proprio da noi, inconsapevolmente?
A me è successo. Facendomi poi un esame profondo, ho capito che da una parte ero io a incentivarlo, perché non ero capace di gestire i miei sentimenti (mi veniva da piangere dalla rabbia!).

I casi sono due: o nostro figlio ci sta chiedendo di non sbottare, o – come succedeva a me da bambina – spera che sbottiamo il prima possibile in modo che quella ramanzina arrivi subito e si può togliere il pensiero.

Guardare i figli non è come VEDERE i figli

Ecco che deve nascere in noi un profondo CAMBIAMENTO.
Dobbiamo cambiare per essere felici NOI, per stare bene NOI.

Invece di arrabbiarci, osserviamo: nostro figlio ci sta chiedendo di VEDERLO.
Mia figlia di 9 anni me lo ha detto un giorno in cui ero indaffarata e mi ha dato un insegnamento: tu mi guardi, ma non mi VEDI.
IO VOGLIO CHE MI VEDI.

Guardiamoci. Fermiamoci, guardiamoli mentre fanno i versi, ridiamo, divertiamoci con loro, diciamogli che ci fanno impazzire dal ridere, che li ringraziamo per averci distratti un momento dalle nostre cose.

Cosa altro abbiamo da fare, se non VEDERLI?
Pulire? Cucinare? Se pulire e cucinare sono cose che non sono più rimandabili, facciamole insieme a loro.
Coinvolgiamoli e usiamo questi momenti per parlarci, chiacchierare e conoscerli meglio come persone!

Conflitti tra fratelli

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Se in questi atteggiamenti antipatici c’è di mezzo la gelosia tra fratelli, possiamo utilizzare due strategie:

  1. Trascurare il neonato non è giusto per nessuno: cerchiamo la soluzione per spiegarlo anche ai fratelli maggiori. Apriamo il loro album di foto e facciamogli vedere tutti i momenti che abbiamo passato insieme quando era figlio unico, dimostrandogli che quel tempo esclusivo lui lo ha avuto, che è stato coccolatissimo, e adesso serve anche al neonato o al fratellino piccolo;
  2. Accettare semplicemente che lui voglia manifestare la sua gelosia e irritazione, e quindi bon, la manifesterà finché non sarà in grado di placarla. La resilienza si basa proprio sul fatto di poter esprimere ad alta voce i problemi, per trovare la strategia personale per risolverli.

Una nuova relazione genitori-figli

Dobbiamo inventarci un’altra forma di rispetto: rispettarli non solo come figli, ma come persone con carattere, ideali e pensieri differenti dal nostro.

Una volta accettato questo cambiamento educativo, sarà più facile mantenere la calma: un figlio non ci DEVE qualcosa quando vogliamo noi e come lo vogliamo noi. Un figlio PUO’ volerci dare qualcosa, e deve diventare in grado di sopportare le conseguenze delle azioni che compie, o che non compie.

C’è un altro aspetto in questa relazione: avere difficoltà nei confronti dei sentimenti negativi dei bambini. Adesso che non sono più i nostri bambolotti carini e coccolosi, sempre pronti a farsi prendere in braccio e strizzare le guanciotte, e a cascarci quando gli chiediamo di fare qualcosa ridendo o per vie traverse.

Ci infastidisce che i figli rivelino i loro difetti, che si mostrino arrabbiati, che siano collerici, bugiardi, invidiosi, pettegoli.
Ci dà fastidio se dicono parolacce o ci fanno fare brutta figura di fronte agli altri.

Questo è un sentimento legittimo, con cui dovremo imparare a fare i conti: i nostri figli hanno dei difetti e non possiamo cancellarli. Non possiamo nemmeno proteggerli da loro stessi, perché non sono bambini di plastilina che possiamo modellare a nostro piacimento. Riusciamo ad accettarli per quello che sono?

I bambini devono essere sempre felici? NO

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I bambini non possono essere sempre felici e impedire loro di manifestare sentimenti negativi come rabbia, tristezza, frustrazione, invidia… non solo non è sano, ma rischia di essere una bomba ad orologeria: se non imparano adesso a reagire alla rabbia in modo sano, imparando a conoscerla, accettarla loro stessi e ‘guarirla’ (resilienza), si potrebbero ritrovare ad essere persone orribili da grandi, o ammalarsi di depressione, fino a cercare conforto nelle dipendenze, o persino arrivare a compiere reati contro le persone.

Non pensate che il femminicidio – per esasperare questo concetto – derivi da questo? Dall’incapacità di reagire positivamente di fronte a un rifiuto, ovvero dall’incapacità di conoscere la propria rabbia, accettarla, guarirla, superarla e imparare a discioglierla piano piano riprendendosi la capacità di tornare ad essere felici.

E noi dobbiamo essere sempre felici e zen con i figli? NO

Nemmeno noi siamo obbligati ad essere sempre positivi, felici, pieni di energia e calmi allo stesso tempo. Anche noi abbiamo il diritto di arrabbiarci e manifestare i nostri limiti apertamente: in questo, i figli stessi impareranno che per essere ‘brave persone’ non serve essere ‘persone perfette’, così come non lo siamo noi.

Chiaramente, però, dobbiamo scegliere se essere SEMPRE arrabbiati, o solo quando serve davvero.

Accettare i figli utilizzando l’empatia

Accettare i figli è facile, se impariamo davvero l’empatia, ovvero la capacità di metterci nei loro panni.

Se impariamo davvero a guardare noi stessi da fuori, per come siamo, con i nostri difetti: siamo chiassosi, tristi, arrabbiati, collerici ai semafori; oppure ansiosi, ci innervosiamo subito; siamo disordinati o al contrario maniaci dell’ordine; infine siamo pettegoli e facciamo battute sugli altri, sul nostro capo; o ci incavoliamo per la politica e le partite di calcio.

Come siamo noi?
Siamo umani, imperfetti, abbiamo difetti e talenti. Come tutti.

Eppure fino ad ora i nostri figli ci hanno amati lo stesso, ci hanno guardati come fossimo i loro eroi personali, nonostante siamo persone normali, a volte persino un po’ banali.

Adesso tocca a noi imparare ad amare i figli nonostante i loro difetti.

Recuperare la relazione

La relazione viene prima di tutto.

Adesso tocca a noi proporre ai figli una nuova modalità di relazione, basata non più su un’educazione verticale (io dico, tu fai), ma basata su una relazione quasi orizzontale (decidiamo insieme le regole di questa famiglia, e impegniamoci insieme a rispettarle).

Adesso tocca a noi dimostrare ai figli che si può amare ed essere amati anche senza rincorrere una perfezione che non esiste, non è mai esistita e mai esisterà.

La relazione, sì.

Io anche sono passata da un periodo in cui mi trasfiguravo dalle urla disumane che facevo, a un periodo in cui MI CONCENTRO per offrire la relazione nel modo giusto.

Trovo che sia la cosa in assoluto più faticosa da quando sono madre.
Altro che notti insonni! È un pensiero fisso nel cervello.
Ma è anche l’atteggiamento che più mi fa sentire una persona migliore.



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