Mamma Felice

Depressione post partum: come si svolge la terapia?

Pubblicato il 23 Luglio 2015 da

Spesso la terapia psicologica viene vista come qualcosa di avvolto nella nebbia, un territorio in cui il confine tra pazzia e sanità mentale è molto labile. L’immaginario collettivo è ancora legato alla scena della persona depressa che viene fatta distendere sul lettino mentre un arcigno parente di Freud alle sue spalle chiede: “Da piccola ha avuto traumi?”.

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Per questo una mamma ha difficoltà a chiedere aiuto: s’immagina di essere etichettata come “cattiva” oppure come “una donna fragile che rischia l’esaurimento“. Inoltre in molte occasioni la figura dello psicologo viene confusa con quella dello psichiatra e si pensa che per stare bene si dovrà essere dipendenti dai farmaci.

Prima di tutto sfatiamo un mito: la psicoterapia non è niente di tutto ciò che ci si immagina. Serve a fare un lavoro su stesse, per capire che cosa ha provocato la malattia. È fondamentale andarci il prima possibile, perché più tempo si aspetta maggiori sono le ripercussioni sia sulla mamma sia sul bambino.

Generalmente si tratta di un colloquio individuale di circa 45 minuti/un’ora una volta alla settimana (ma possono essere colloqui di un’ora e mezza ogni due); per guarire dalla depressione sono necessari almeno sei mesi o un anno di incontri, a seconda della disponibilità della mamma e delle necessità.

Lo psicoterapeuta ascolta la neo mamma in maniera non giudicante, cercando di indagare quali sono i “nodi” che impediscono alla mamma di viversi appieno il suo nuovo ruolo (possono essere questioni legate alla famiglia d’origine, al rapporto con il partner, ad una scarsa fiducia in se stessa).

Durante la terapia, se lo psicoterapeuta lo ritiene opportuno, possono essere invitati anche il compagno o marito e i genitori della mamma per capire in che direzione andare nel percorso di guarigione avendo un quando più completo.

Ci sono poi degli psicoterapeuti che propongono invece un iter differente: quello tra mamma e bambino, come accade per esempio al “Il cantuccio delle mamme”, uno spazio dell’Ospedale Santo Spirito di Bra in cui appunto la relazione viene recuperata e costruita con la presenza fisica del nuovo arrivato.

Avete mai fatto questa esperienza? Come vi siete trovate?



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