Per sempre felici e contenti

Pubblicato il 19 Gennaio 2012 da • Ultima revisione: 23 Agosto 2023

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Una storia che parte oggi, dalle radici, dal più profondo sogno della mia maternità.

Dal sogno di diventare una mamma.

Perché ho sempre sognato di diventare mamma. E fino a qualche anno fa, prima di iniziare la mia avventura di madre, il mio percorso, avrei anche osato dire: ho sempre SAPUTO che sarei diventata mamma.

Scrivevo lettere a mia figlia. Raccoglievo fotografie, ritagli di giornale, poesie. Immaginavo come avremmo giocato con le Barbie, e la sera avremmo sparecchiato il tavolo e avremmo giocato a Monopoli tutti insieme. Sarebbe stato divertente.

E non posso dire, in effetti, dopo 4 anni di maternità, che fare la madre non sia divertente. Per me lo è stato. Passato il periodo peggiore, adesso fare la mamma è divertente. Ma prima…

Prima io non sapevo che avere un figlio fosse una cosa così difficile. Ho preso precauzioni tutta la vita, sono rimasta incinta subito appena ho voluto, pensavo che questo fosse ‘normale’. Pensavo che la gravidanza fosse solo un momento, un io+pancia, una condizione che avrei potuto vivere continuando ad essere me stessa, senza stravolgimenti. Pensavo che il parto sarebbe stato doloroso, ma accettabile. Pensavo che, sì, in fondo lo pensavo: l’hanno fatto milioni di donne, prima di me, lo farò anch’io.

Poi ho avuto paura di morire, di perdere tutto, di perdere lei. Tutto è andato storto. Continuavo ad andare in ospedale, a passare le giornate a riposo forzato, in preda delle mie minacce di aborto, a prendere medicine, ad essere ricoverata… e tutto è andato veramente storto.

Mi sono persa tutta la parte bella della gravidanza. Mi sono persa le uscite con le amiche, il corso preparto, lo shopping per preparare il corredino. Mi sono persa la piscina per gestanti, le code preferenziali al supermercato, gli sguardi della gente e anche la loro invadenza così fastidiosa per molte.

Pensavo a lei, a mia figlia, come un piccolo cuore da proteggere dentro di me. Contavo i giorni, le settimane, i mesi. Ho festeggiato quando il calendario annunciava 35 settimane: mi sentivo felice  di averla condotta verso quel traguardo che sembrava impossibile, mi sentivo sollevata al pensiero che forse ce l’avremmo fatta.

Non ho provato i dolori del parto, il travaglio, le contrazioni, e nemmeno l’allattamento. Dopo 38 settimane, durante l’ultimo ricovero, sono semplicemente stata accompagnata in sala operatoria per un cesareo di urgenza, e sono diventata mamma.

Ho guardato verso il soffitto, quel giorno, mentre la mia barella percorreva il corridoio dell’ospedale. Ho fissato i neon, le tubature, le porte degli ascensori, il viso di Nestore così teso e incoraggiante.
Non ero sicura che ce l’avrei fatta: il mio unico pensiero, allora, è stato per lei. Sapevo che, se qualcosa fosse andato storto, l’avrei lasciata in buone mani, all’uomo che amo più di ogni altro sulla terra, al padre migliore che avrei potuto darle. Stavo lì, con il corpo addormentato dalla spinale, le braccia legate, e non pensavo a niente.

Poi, lei, ha pianto.
Ha pianto di una voce che io ho riconosciuto, una voce che era dentro di me da sempre, la sua voce, la voce che da sempre e per sempre io sapevo essere la sua.
Con i capelli dritti sulla testa, e gli stessi occhi giganti e intensi di adesso, mi ha guardata calma, in silenzio, stretta nel lenzuolino bianco. Piccola e minuscola come un fiammiferino, grinzosa e rosea, e soprattutto calma. Era già lei, la Dafne di oggi, serafica e convinta, curiosa, ironica al limite del sarcasmo. Mi guardava come se dicesse: dai, rilassati mamma, che sarà mai?

Non l’ho allattata. L’ho allattata così poco e così male da non poter dire di averla allattata. L’annusavo, la tenevo in braccio, la portavo dentro il marsupio, dormivo con lei accovacciata sulla mia pancia, come accade ancora adesso certe notti, quando mi sembra di essere ancora un corpo unico, io e lei, così vicine che i nostri respiri si toccano.

Da quel momento mi sono sentita sollevata. Non ho sofferto di depressione post partum e mi sento molto fortunata, per questo.
La paura di perderla, e di perdermi, era stata così forte, nei mesi precedenti, che il solo fatto di essere viva, ed essere viva insieme a lei, mi ha dato la forza necessaria per affrontare i primi mesi.  Mi sono divertita. Ho anche pianto molto. Ho avuto paura di sbagliare. In certi momenti non sapevo cosa fare. Ho avuto tanto sonno, tanto da piangere di disperazione, alle volte, per tutta la stanchezza che sentivo.

Ma la vita, essere viva, avere lei viva accanto a me… la vita era la forza che mi serviva per affrontare tutto, per risolvere i problemi, per trovare una soluzione. La vita, così prepotente e così beffarda, così presente. La vita che mi aveva tolto tanto, e che mi ha restituito tanto di più.

Sono cresciuta. Sono passati 4 anni, da allora. Ho riso molto e lavorato molto e costruito molto.

Ma devo essere sincera: in quei primi mesi, in quella gravidanza difficile, in quella paura di non diventare madre… lì è rimasto il mio bambino-non-nato.
Un bambino interiore, una consapevolezza che io prima non avevo avuto, un pensiero che non avevo capito prima: che diventare madre non è automatico, non è scontato,  a volte non è neppure possibile.

Il mio bambino-non-nato è la paura, l’aver capito che diventare mamma è stata solo una fortuna, e che la mia gravidanza difficile non era che una piccola insignificante goccia nel mare del dolore di chi non ha avuto figli, non ha potuto averne, ne ha cercati senza trovarli.

Dafne mi ha insegnato con forza l’amore per la vita, ma il  mio bambino-non-nato ha saputo insegnarmi il rispetto, la compassione, l’amore incondizionato per tutti coloro che non hanno potuto ricevere il dono di diventare genitori.

E’ cambiato tutto, da allora, per me. Capire di essere una privilegiata mi dà la responsabilità di fare il meglio possibile, di fare di più, di vivere la maternità come un dono che mi è stato fatto e che non era affatto scontato.

E in me oggi, ogni giorno, grazie a questo bambino-non-nato, c’è il pensiero per le madri che non sono ancora diventate madri, la speranza per la loro vita, il desiderio di condividere con loro la buona notizia che sembra non arrivare mai.

Oggi vivo con la speranza di sapere che questo dono è stato fatto anche a loro, e che presto arriverà un bambino nella loro vita, e che la vita le chiamerà a vivere, e che la storia finirà come devono finire tutte le storie: vissero per sempre felici e contenti. Per sempre felici e contenti.



Commenti

76 Commenti per “Per sempre felici e contenti”
  1. E’ bello ed importante per noi supportare Barbara in questo progetto ed accompagnare lungo il “cammino” tante mamme e i loro bambini. Anche noi aspettiamo con grande impazienza il prossimo post.

  2. ChiccaGaia

    …condivido tutto,avrei voglia di un secondo,ma non me la sento…ho paura della gravidanza,di quei mesi “dopo”,delle malattie che mi hanno sfiancata con la prima bambina…chissà,magari tra un pò…mio marito vorrebbe,ci abbiamo pure provato,ma la mia non voglia ci frena e il mio corpo dice no…arriveranno momenti migliori,me lo sento e se non arriveranno saremo sempre noi e ci basteremo…un abbraccio!

  3. Annalisa

    pelle d’oca, quella che mi viene ogni volta che mi emoziono. Grazie per condividere questo.

  4. Mi si è ingarbugliato tutto dentro il mio stomaco di mamma!Ma come fai a rendere chi ti legge cosi’ meravigliosamente e semplicemente felice?!

  5. cle+carlotta (12 marzo se ci arriviamo)

    è come sentire la propria esperienza raccontata da un’altra in un modo così perfetto da far venire i brividi….

  6. …che post bellissimo Barbara, che emozione grande. mi hai fatto ripensare a un sacco di cose della mia gravidanza, alcune così simili e altre così diverse dalla tua, comunque piangere questi lacrimoni in questo momento per delle emozioni così forti…è bello.

  7. Alessandra

    Il mio era un bellissimo bimbo di 700 gr e 30 cm, sono riuscita a vederlo solo per un attimo. Era bellissimo. Il suo cuoricino ha smesso di battere a 24 settimane, me ne sono accorta io che qualcosa non andava. Come ogni pomeriggio mangiavo il gelato che a lui piaceva tanto e così anche se debolmente lo sentivo muovere e sapevo che era lì con me. Poi un giorno più niente, la consapevolezza che non c’era più ed una ecografia che me lo ha confermato. La corsa in ospedale, in un reparto pieno di fiocchi azzurri e di pianti di bimbi appena nati. Nicolò Michele è nato “dormendo” all’una e mezza di notte del 30 Luglio, dopo ore di dolore per parto indotto, tra le mie gambe nel letto d’ospedale. Quella notte non ho pianto, forse non avevo ancora realizzato. Pensavo solo al mio bimbo avvolto in quella copertina azzurra lasciato su un tavolo in sala operatoria.
    Il brutto è stato dopo, quando di notte mi sono svegliata per andare in bagno e mi sono guardata la pancia che non c’era più. é stato devastante. e poi il giorno del funerale, io e il suo papà abbiamo stretto a noi la sua piccola bara nella quale avevamo messo la tutina che avevamo comprato appena usciti da fare la morfologica (tutto ok)e qualche altro piccolo regalino.
    Ancora oggi nessuno sa cosa sia successo.
    NOn saprò mai che suono avrebbe avuto la sua voce, il suo pianto. Mi sono persa tutto.
    Adesso di lui mi rimangono solo un paio di scarpette in camera da letto che spero ci aiutino a camminare in mezzo a tutto questo dolore.
    stiamo riprovando, non per sostituirlo. Lui rimarrà sempre il mio primo figlio. Ma ancora niente…..e mi fa più paura non riuscire più a rimanere incinta che rivivere la mia brutta esperienza. Ancora ora la notte sogno di partorire bambini morti e mi sveglio piangendo.
    Quindi ritenetevi fortunate care mamme di aver ricevuto questo dono, perchè il dolore che si prova dopo un’esperienza del genere è davvero devastante

  8. mamy

    buonasera… questo post è davvero molto bello!
    Si legge con grande partecipazione ma soprattutto mi fa riflettere tanto..tante volte diamo tutto per scontato, troppo.
    Io fortunatamente ho avuto una gravidanza bellissima, sia fisicamente che emotivamente, lavorando 12 ore al giorno fino al giorno prima del parto..non ho mai avuto tempo di riflettere su cosa sarebbe successo, su come sarebbe stato…
    adesso mi guardo in giro, sento storie di mamme che non hanno avuto la mia stessa fortuna, che hanno vissuto questo periodo con apprensione, con ansia, con paura e mi sento davvero fortunata!
    Fortunata perchè a volte basta una sesta malattia in gravidanza innocua in altri periodi, per far si che una bella giornata di sole si trasformi nel giorno più nero.
    Grazie Barbara per quello che sei e che inconsapevolmente mi trasmetti.

  9. leucosia

    mi ha commosso leggere la tua storia perchè in certi punti mi rivedo tantissimo…perchè la mia gravidanza non è stata serena ma anzi piena di problemi seri -i miei. ringrazio il cielo per il dono che ho ricevuto – il mio bambino- e che i giorni dolorosi sono adesso soltanto un ricordo…

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