Passeggini nella giungla

Pubblicato il 11 Novembre 2010 da • Ultima revisione: 7 Agosto 2014

passeggini-giungla

Un guest post gradevolissimo e che vi strapperà un sacco di risate. E’ scritto da Benedetta del blog Donne in ritardo, e vale davvero la pena di leggerlo, e poi di iscriversi ai feed del suo blog, perchè Benedetta scrive benissimo ed è davvero ironica e interessante. Vi conquisterà, credetemi!

Donne in ritardo è un blog sui piccoli dettagli quotidiani che rendono grande la disparità di trattamento delle donne rispetto agli uomini. Ha un taglio ironico e “leggero” e parla un po’ di tutto, maternità, lavoro, politica e vita vissuta.

Indice dell'articolo

Passeggini nella giungla

Uno spot molto sensibile del quotidiano tedesco Die Welt, uscito una decina di anni fa, mostra un uomo in sedia a rotelle che va in giro indisturbato per un aereoporto. Si guarda compiaciuto allo specchio di uno dei bagni, constatando che è posto alla sua altezza, verifica che i pulsanti dell’ascensore sono facilmente raggiungibili, realizza che le barriere architettoniche non esistono. Ad un certo punto però, la sedia a rotelle si incastra per un difetto nella pavimentazione. L’uomo allora estrae un taccuino e si alza in piedi prendendo nota di quanto appena successo. Quell’uomo è in realtà l’architetto che sta testando il suo lavoro di progettazione e realizzazione del nuovo aeroporto. Il claim dello spot recita più o meno così: “Il mondo dipende da chi è in grado di pensare in maniera diversa. Die Welt.”
Ecco, se quell’uomo provasse oggi a girare non in sedia a rotelle, ma con un bambino nel passeggino in una qualsiasi delle città italiane, non gli basterebbero sedici taccuini per appuntarsi tutte le difficoltà. Ovviamente, anche in tema di barriere architettoniche che ostacolano il libero movimento di portatori di handicap c’è ancora molto da fare, ma ci vorrebbe un blog a parte. Qui ci “accontentiamo” di parlare di problematiche più leggere. Se così possiamo definire l’assoluta impossibilità di circolare di un essere umano con figli al seguito.

Quando il mio primogenito ha iniziato a pesare troppo per portarlo in giro stipato nel marsupio, e quindi più o meno a due settimane dalla nascita, ho sfoderato con orgoglio il nuovo passeggino a cui pareva mancasse soltanto la parola. Ovviamente pioveva. Per un mio trauma giovanile (l’immagine del cadavere di Laura Palmer incellofanato sulle sponde del lago di Twin Peaks), non ho mai voluto ricorrere alla protezione di plastica trasparente in dotazione di ogni passeggino per proteggere il bambino dalla pioggia. Per questo motivo, mi sono subito diretta alla fermata dell’autobus. Ovviamente il primo a passare era quello senza l’accesso agevolato per disabili. Aspetto il secondo. E qui mi pongo il primo quesito: perché si parla di accesso per disabili e non per passeggini? Con qualche manovra riesco a salire sull’autobus e mi dirigo subito verso lo spazio dedicato proprio alle carrozzelle. Sistemo il passeggino in modo da non dare fastidio a nessuno e inizio il mio viaggio della speranza. Cioè: la speranza di riuscire ad arrivare a destinazione, perché dopo un minuto il conducente mi fa cenno che non posso sistemarmi lì. Mi dice che per la sicurezza del bambino (?) e delle altre persone (?) il passeggino va tenuto chiuso e il bambino in braccio. Dunque, non discuto sulla precisione ed efficacia delle direttive ISO 9001 e seguenti, ma se anche fosse giusto così, come faccio da sola a chiudere il passeggino e contemporaneamente tenere mio figlio in braccio, mentre l’autobus è in corsa? Già molto provata dalle condizioni atmosferiche, dai postumi del parto e dalla consapevolezza della tragica fine della mia tardoadolescenza, ho sfoderato il mio miglior sarcasmo, chiedendo all’autista se mi poteva tenere il bambino giusto il tempo di chiudere il passeggino e pietire un posto a sedere a qualche reduce di guerra. “Per questa volta va bene così” ha lasciato correre magnanimo l’autista. Ovviamente non ci sono state altre volte, perché in seguito ho sempre scelto la via dell’inquinamento, prendendo la macchina anche per andare a fare la spesa sotto casa.
Questo episodio avveniva fra l’altro a Trieste, una città relativamente semplice da girare, se non fosse per le salite (qualcuna da fare in ferrata). Ma penso spesso ai miei colleghi genitori di Milano o di Roma, che devono prendere pure una metropolitana. Uno potrebbe pensare: “Vabbè, ma la metro è facile: non ci sono scalini per salirci” Vero. Ma per arrivare al binario è necessario seguire prima un corso di free climbing. Metà delle scale mobili non funzionano, così come gli ascensori. Molte stazioni non ce li hanno nemmeno, gli ascensori. E un genitore, per essere certo di potercela fare, deve guardare se quella stazione ha il simbolo dell’omino in sedia a rotelle. E per la proprietà transitiva, significa che un genitore con passeggino è un disabile.
Allora, barriera n° 1: la circolazione sui mezzi pubblici.

Vogliamo parlare poi dei locali pubblici? Chi non ha figli e deve andare in bagno in un bar o in un ristorante, di solito si preoccupa dell’igiene. C’è chi va sempre in giro ormai con l’amuchina, chi si porta i copriwater di carta, chi ha sviluppato una muscolatura straordinaria per trattenere la vescica. Chi non ha figli in genere discute sul degrado del bagno visitato, collocandolo su una scala geografica, a seconda della gravità della sporcizia rilevata, che va da Tunisi (un po’ sporco) fino ad arrivare a Calcutta (indecente). Chi ha figli invece, in genere munito già a priori di spray sterilizzanti potentissimi, si preoccupa soprattutto dell’esistenza non dico di un fasciatoio, ma almeno di un ripiano dove poggiare il bambino da cambiare. Chiaramente i bagni dotati di questo lusso sono pochissimi in Italia. Io ho smesso anche di provare a vedere, imparando a cambiare mio figlio direttamente sul passeggino, en plein air, in qualsiasi stagione, anche in montagna. Tanto da fargli meritare il glorioso epiteto di “palle d’acciaio”.
Barriera n° 2: la circolazione nei bagni pubblici.

Uscire a pranzo o a cena fuori poi, è un’impresa estremamente faticosa, perché inizia già a casa.
“Hai preso le salviettine?”
“Il biberon?”
“Il cucchiaio di plastica?”
“I pannolini?”
“Il bavaglino?”
“La sedia?”
Si potrebbe andare avanti per mezz’ora, che è fra l’altro il tempo medio che impiega un genitore a spuntare la lista delle cose da portare per il bambino. Conosco più di una persona che è uscita di casa con borse e borsette piene di accessori e ha dimenticato il figlio nel lettino.
Sì, perché ci sono più probabilità che un ristorante sia “amico degli animali”, che “amico dei bambini”. Anzi, di solito ti guardano pure male mentre stai montando la tua sedietta al tavolo, perché potresti fare dei danni.
Barriera n° 3: la circolazione nei ristoranti.

Insomma, l’immagine che mi viene sempre in mente quando sono in giro con uno o entrambi i miei figli, è quella di un’escursione nella giungla, dove il percorso è accidentato, è pieno di animali e ci si affida all’istinto di sopravvivenza. Non è così nel resto dell’Europa, dove un genitore è libero di circolare con i figli praticamente ovunque. Persino in biblioteca. Persino alla mensa universitaria. Dove i bagni hanno il fasciatoio (pulito), e dove ai tavoli ci sono già i seggiolini. Basta farsi un giro all’Ikea, dove non solo c’è un bagno dedicato interamente al cambio dei bambini, ma in quello degli adulti, accanto alla tazza del water, c’è una sedietta appesa al muro dove poter far sedere il bambino mentre il genitore fa i suoi bisogni. In Svezia pare sia normale. Anche a me pare normale.
E alla fine ci si domanda come mai. Perché qui siamo ancora così indietro? Perché è vietato andare in giro con i figli, a meno che non si abbia tutta la giornata libera? Beh, perché una madre dove dovrà mai andare? Cioè: il padre lavora, e lei deve rimanere a casa. Che razza di genitore sarebbe a portare il figlio in un bar, in un ristorante, o addirittura in biblioteca? Non c’è tutta questa urgenza a modificare gli spazi urbani e i mezzi pubblici per agevolare gli spostamenti delle madri coi bambini. L’idea ha del sovversivo. E poi, ‘sti svedesi alla fine si sa che si suicidano. Vedi? Meglio stare a casa.



Commenti

28 Commenti per “Passeggini nella giungla”
  1. Condivido tutto!
    Infatti ho smesso di uscire da quando sono diventata mamma (e non solo per motivi economici).

  2. manila

    Il mio bimbo ha compiuto da pochi giorni il suo ottavo complemese.
    Da quando è nato non è che io sia andata moltimo in giro, ma cmq, l’ho portato una settimana al mare, abbiamo fatto uscite in varie (anche se sporadiche) e poi ho dovuto affrontare il TRASLOCOOO!!
    Vi racconto della vacanza.
    Per arrivare persso il ns luogo di villeggiatura ho viaggiato in nave (tratta Civitavecchia-Olbia). Per fortuna sono stata previdente ed ho preso la cabina altrimenti sarebbe stato un macello!!!
    PUNTO PRIMO: la nave era piena di gente ed io ed il mio piccino (allora aveva 3 mesi) avremmo dovuto viaggiare stando in posti super affollati;
    PUNTO SECONDO: bagni sporchi con la puzza di pipi che arriva a 500 mt fuori dalla porta di ingresso!
    PUNTO TERZO:nemmeno l’ombra di un fasciatoio ed il viaggio durava ben 7 ore!
    Passiamo all’esperianza TRASLOCOOO. Ho girato vari negozi centri commerciali per giorni e giorni al fine di reperire tt ciò che mi serviva a prezzi non esorbitanti. Durante questa esperienza ho costatato che gli unici 2 posti attrezzati a misura di neonato so Ikea e Auchan.
    Andare in pizzeria NEANCHE A PENSARLO!!!!
    Qualche volta ho provato ad andare in pizzaria il sabato sera e tutte
    le volte i camrieri mi ha proposto di far sedere il piccino nel classico seggiolone di legno da pizzeria, ed io: “MA NON HA NEANCHE I LACCI PER LEGARLO!!! COME PENSATE CHE RIESCA A REGGERSI QUI SOPRA??? PREFERICO TENERLO NELL’OVETTO!!!”
    Il cameriere ribatte: “Allora devo farvi accomodare in un altro tavolo altrimenti con il passeggino il passaggio è ostruito, la prossima volta quando prenotate ricordateci di lasciarvi un tavolo in un posto più spazioso, GRAZIE!”
    Un’altra storiella simpatica si è verificata quando poco dopo il parto sono dovuta recarmi all’INPS per consegnare il certificato di nascita.
    Avevo ancora i punti dell’episiotomia che mi tiravano 😕 !!! E solo per lasciare un foglio all’impiegata ho dovuto fare una fila durata diverse ore passate per lo più in piedi, d’atra parte non potendo delegare nessuno.
    Ma dico, si sa che all’INPS si recano per lo più anziani, donne in dolce attesa, neomanne. ATTREZZATEVI almeno per i posti a sedere!!!

    • manila

      Scusatemi per gli errori andavo un pò di fretta

    • ahahahahah, allora ti racconto questa.
      L’Inps a Napoli, non sapeva esattamente come affrontare la mia domanda di maternità perchè sono una lavoratrice dello spettacolo. Dopo mesi di peripezie, finalmente concludono che ci vuole la cartella clinica dell’ospedale (credo unico caso in Italia!). Comunque vado a consegnare sta risma di fogli con figlia nel marsupio, e trovo 4 impiegati che fumano e la signora mi dice: signora poteva lasciarla a casa la bambina…noi qui stiamo fumando! Io con i capelli dritti in testa ho risposto “Io vedo i cartelli con scritto vietato fumare, non quelli con scritto vietato entrare con i bambini”
      Per non parlare del fatto che qui a Napoli, ma anche a Roma dove ho vissuto diversi anni, i marciapiedi sono impraticabili, motorini, cacche e soprattutto un casino di buche. Comunque per fortuna in altri posti d’Europa è diverso, così almeno si può dire che la normalità è un’altra e non sei pazza te a pensarlo!

      • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

        immagine livello
        Guru
        Mamma di Dafne (16 anni)

        ah, beh, certo che questi dell’inps avevano un grandissimo senso civico! 😆

      • manila

        Roba da non credere!
        Tanto per parlare anche quando ero in gravidanze e specifico in fase avanzata, mi recavo tt i mesi all’ospedale del mio paese per fare le analisi del sangue.
        In questo posto magico e fatato per fare le analisi bisogna fare ben 3 file:
        -La prima nella quale si consegna la ricetta rosa, e ti danno un numeretto
        -La seconda per il pagamento del tiket
        -La terza per fare finalmente il prelievo, ti chiamano con quel famoso numeretto di cui prima
        Quando sei fortunata hai 100 persone davanti in ogniuna delle tre file.
        Ho passato intere mattinate a digiuno, perchè ovviamente nessuno di aggevola facendoti scavalcare un pò di fila.
        Una mattina dopo due ore ho chiesto all’infemiera: “mi faccia il prelievo così posso fare colazione, mi sento debole e mi gira un pò la testa”
        E lei: “non posso perchè il computer deve stampare le etichette da mettere sulle tue provette, dai che con il numero che hai tra 10 minuti ti chiamiamo ”
        Di persone con un pò di buon senso ce ne sono poche in giro!!
        Ma questa è un’altra storia, magari ci si potrebbe scrivere un’altro articolo, o magari c’è già ed io nn me ne sono accorta.
        Ciao a tutte e buon fine settimana

      • mimì

        ma per le donne incinte ci sono le agevolazioni al supermercato e non al tuo laboratorio analisi?

        le file occorre farle e aspettare l’etichetta,
        ma le donne incinte hanno la precedenza!

        a meno che non sia andata in un ospedale specifico per nascite e d erano tutte incinte!

  3. fiocco72

    Condivido in pieno questo post, ma sinceramente non mi sono mai data per vinta e sono sempre uscita anche quando era quasi impossibile, le cose basta volerle…anche se ribadisco che il problema dei marciapiedi è terribile anche qui in provincia di Milano e a questo aggiugeteci che bisogna fare lo slalom per evitare la cacca dei cani!!! 🙁

  4. Quanto condivido queste difficoltà quotidiane… Anche a me ne son capitate di tutti i colori. Racconto solo uno degli episodi che mi ha fatto più arrabbiare. Quando Topastro è nato ha ricevuto dei soldini in regalo che sono stati depositati in un librettino in banca. La banca era vicinissima a casa mia e quando sono andata ad aprire il conto, insieme al papà di Topastro, eravamo a piedi e con pupo in braccio. La seconda volta che mi sono recata in banca, io, Topastro e passegggino, suono il campanello e comunico che devo entrare con il passeggino. (In quasi tutte le banche un addetto si occupa dell’apertura della porta di sicurezza da cui entrano ed escono anche le persone sulla carrozzella che non possono usare la porta antirapina a girello). Mi viene risposto che loro non sono attrezzati e non possono aprire la porta. Quindi se voglio entrare devo lasciare borsa e passeggino fuori, prendere il bimbo in braccio e usare la porta girevole. Sono tornata a casa senza entrare in banca ed ho telefonato al direttore in sede centrale ma non c’è stato nulla da fare! Mi hanno proposto di avvisare telefonicamente ogni volta che avessi voluto recarmi in banca e loro mi avrebbero dato appuntamento sul piazzale, fuori dalla banca, per ritirare i soldi…. Cosa che facevano con persone in carrozzella. Il giorno dopo ho chiuso il conto e ho versati i soldi in una banca più civile che è attrezzata per aprire una porta a persone che viaggiano su passeggini e carrozzelle!

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

      immagine livello
      Guru
      Mamma di Dafne (16 anni)

      Allucinante… ma che idioti, lasciamelo dire!

      • Già. Io spero che altre persone abbiano protestato come ho fatto io, spostando i soldi altrove. Perchè la banca deve essere accessibile a TUTTI.

      • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

        immagine livello
        Guru
        Mamma di Dafne (16 anni)

        Mi colpisce davvero, in questo splendido post, il fatto che una mamma con passeggino sia realmente impossibilitata a svolgere qualsiasi compito quotidiano, come lo sarebbe un disabile. Non è del resto la sensazione che avviene sul lavoro, ovvero che in qualche modo la maternità sia concepita con un handicapp? Non sono mica tanto contenta, di come vanno le cose nel nostro paese…

      • Neppure io sono contenta di come veniamo considerate noi mamme 🙁
        Secondo me essere mamma dovrebbe essere un valore aggiunto e non una penalità! Ma l’Italia…

    • Ma è da denuncia! Io avrei sfondato la porta.

    • Valentina

      W l’Alto Adige, una settimana di vacanza su sentieri di montagna (mica strade asfaltate) adatti a carrozzine e passeggini, ben segnalati e sicuri, ristoranti e rifugi dove appena mettevi dentro le ruote qualcuno stava già sistemando un seggiolone di fianco al tavolo, fasciatoi in tutti i bagni, e ti ringraziavano pure quando uscivi e intorno al tuo tavolo sembrava fosse passato un branco di facoceri!!!
      Volere è potere!

  5. Ahahaha! Bellissimo post.
    Io ho ovviato uscendo (con Second ) con la fascia portabebè! Un enorme aiuto.
    Però ora che ha 16 mesi vuole il passeggino…allora ci muoviamo solo in macchina…o non ci muoviamo proprio!

  6. Elisa

    Tutto vero , ho capito veramente il concetto di “barriera architettonica” quando ho cominciato a girare con il passeggino … certe cose mica te le spiegano a scuola (sono una progettista o meglio lo ero …)

  7. Non ne posso più di fare lo slalom per cercare uno scivolo libero per salire sul marciapiede. Ormai la mia tecnica è: o ci passo, o la macchina che parzialmente mi ostruisce il passaggio è una macchina graffiata! Senza contare che abito al quarto piano e in ascensore non entra neanche il passeggino ultra leggero.

  8. Mamy&richy

    E già,idem anke x me!!Ho un bimbo di 4 anni,ma quando giravamo in passeggino era tutto uno slalom,un giorno mi son fatta tutto il marciapiede in dietro xkè la discesa era occupata da un auto parcheggiata,e tutte le altre erano parcheg. a poca distanza l’una dall’altra e nn ci passavo in mezzo!!!senza tenere conto dei marciapiedi rotti,i supermecati nn attrezzati ecc.. Ehh sì,è l’Italia!!!

  9. Mamy&richy

    😀 ..diamenticavo: Ciao a tutteeeee!!!! 😉

  10. Ciao a tutte!
    Anch’io, seppur abitando in un piccolo paese, mi sono ritrovata a vestire i panni di Tomba, ma quello che più mi fa arrabbiare è quando le persone vanno nella pasticceria qui vicino e parcheggiano DAVANTI la porta quasi volessero entrare dentro, quando hanno tutto il lato, ma OPPOSTO, vuoto!!! :argh: :argh:
    Ma ci vuole una laurea in civiltà, per capire certe cose???
    E poi sono le stesse persone che vanno in palestra o a correre per la linea…
    Un salutone
    Betta

  11. eleonora

    e pensare che in Islanda, all’interno delle banche e/o luoghi pubblici hanno mini sedie e mini tavolini con fogli per colorare..così i bimbi stanno lì buoni mentre la mamma fa la fila allo sportello…..(visto con i miei increduli occhi)…proprio come in Italia…
    ah…dimenticavo…bellissimo campeggio al mare nella mia Toscana (quattro stelle) …senza fasciatoi in nessun bagno!!!!!(ho controllato tutto il campeggio)…e io che lavavo mia figlia nel lavello dei panni :argh:

  12. …adoro questo “guest post”!

  13. Claudia

    Verissimo questo post! Di esempi ne avrei davvero tanti ma uno tra i più assurdi è che all’OVS che c’è vicino a dove abito, il reparto bambini è al primo piano. Quando mi è capitato di andare una volta ho chiesto se mi facevano salire su con il montacarichi (bimbo di 2 mesi in carrozzina) ma la risposta è stata che non erano autorizzati al trasporto di persone con il montacarichi: avrei dovuto portare su il bambino in carrozzina salendo sulle scale mobili (mi pareva di aver visto un divieto per carrozzine sulle scale mobili…) e poi scendere a piedi per le scale normali sollevando la carrozzina poichè le scale mobili – ovviamente – c’erano solo per la salita 😯 … Il responsabile del negozio mi suggerì di lasciare la carrozzina vicino alla cassa e salire con il bambino in braccio. Ok…ma dove c@!!@ lo metto mentre guardo gli abitini che devo prendere per lui??? In tasca?? Era così difficile spostare il reparto bambini al piano terra?? Non ci sono mai più andata lì!

    • Ah sì! Questa cosa dei negozi per bambini con piani irraggiungibili ha colpito anche me. Sono paradossalmente molto diffusi. Nella mia città, quello che l’ha fatta più grossa è Prenatal: due piani, di cui quello per bambini più piccoli (in età da passeggino quindi) è proprio il secondo. Con scale. Senza ascensore. Geniali.

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