La sfida di diventare genitori

Pubblicato il 20 Gennaio 2015 da • Ultima revisione: 18 Maggio 2016

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Non so se esiste l’istinto genitoriale: alcuni ce l’hanno, altri lo imparano. In tante storie di maternità ho sentito raccontare – e ho vissuto io stessa – la paura di non essere in grado di riconoscere il proprio istinto, di non riuscire a farlo parlare, di non riuscire a fidarsi del proprio cuore. E lo capisco, soprattutto a posteriori, dopo 7 anni di maternità: ho capito che l’istinto di mamma lo possedevo, ma non sapevo ascoltarlo, non avevo abbastanza fiducia, non ero abbastanza sicura.

E forse va bene così: essere troppo sicuri, quando si diventa genitori, può spingerci a non cambiare abbastanza. E invece io di questo sono certa: per essere mamma (e papà) devi saper cambiare tanto, e velocemente, e senza paura. Perché ciò che impari e che hai acquisito come ‘regola generale’ oggi, domani non sarà più valido. Devi essere pronto a superare continue sfide – alcune divertenti, alcune ‘pericolose’.

In alcuni miei momenti di buio totale, nei primi mesi da neomamma, credo che la voce del mio istinto sia stata soprattutto mio marito. La sua presenza, il suo accudimento, il farmi sentire sempre ‘insieme’ in un progetto di genitorialità, averlo vicino anche di notte quando dovevo svegliarmi, riporre il lui tutta la mia fiducia.
Mio marito mi ha fatta sentire, in quel periodo, una mamma ‘sufficientemente buona’. Penso che questo mi sia stato di aiuto non solo per non cadere nella depressione post partum (ma questa è anche fortuna), ma anche nello spingermi a pensarmi migliore di quanto io mi credessi – come madre.

La madre ‘sufficientemente buona’, secondo Winnicott è una donna spontanea e autentica che, con le normalissime preoccupazioni e ansie della maternità, trasmette sicurezza, amore e contatto al bambino. Con la coscienza di ‘avere molte buone ragioni per detestare suo figlio’, tra cui la stanchezza, il senso di colpa, l’ansia di fare bene.

Avere molte buone ragioni per detestare suo figlio: un pensiero tremendamente forte da digerire, ma altrettanto vero. Perché coinvolge un sentimento potentissimo e feroce: amare incondizionatamente un essere umano che – almeno in principio – pretende tutto e, in fin dei conti, non dà ‘nulla’. Assorbe le tue energie, le tue parole, il tuo tempo, la tua stessa fisicità. E nonostante questo, è per te come avere un nuovo cuore, più grande. Chi ha tenuto un bambino dentro la propria pancia, sa a cosa mi riferisco: ne conosce sia la paura, sia l’emozione.

Forse è stata questa la mia sfida di madre più potente: imparare a gestire la mia umanità, capire che dentro di me ci sarebbe sempre stata questa dicotomia tra la madre perfetta e la madre migliore per mia figlia, tra la me stessa che vuole anche altro dalla vita, e la madre che deve comunque essere presente nella cura del bambino.

Per questo a tutte le mie amiche, soprattutto se tanto giovani, rompo sempre le scatole dicendo: scegli il miglior compagno o compagna possibile. Ama chi ti ama, accudisci chi ti accudisce. Esci dalla gabbia della donna che deve restare a casa a prendersi cura di tutti: anche tu hai bisogno di qualcuno che si prenda cura di te. Nel modo più semplice possibile: rispettandosi a vicenda, diventando intercambiabili nella cura del bambino, condividendo le stesse sfide educative. Gli stessi principi.

Questo secondo me è l’istinto migliore che possiamo regalarci, come donne prima che come madri: usare il cuore per scegliere la propria famiglia, e solo dopo far arrivare un bambino che completa questa stessa famiglia, ma non la costruisce.

Far nascere un bambino quando la famiglia è già nata.

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In collaborazione con Mellin Fidati del Cuore.



Commenti

9 Commenti per “La sfida di diventare genitori”
  1. Daniela

    Concordo nella maniera più assoluta

    Dani

  2. Quanti bambini piccoli figli di genitori separati che conosco, l’amore puo’ finire, ma se i figli sono cosi’ piccoli significa che in principio non c’era un progetto comune di famiglia…

  3. Silvia

    “Far nascere un bambino quando la famiglia è già nata.”
    Io vedo costantemente il dolore provocato a figli che sono nati per unire e risanare coppie irrisolte. Non saremo mai pronti a essere genitori, finché non ci stiamo dentro con tutte le scarpe, ma di sicuro abbiamo il dovere di accogliere un figlio quando siamo pronti a fargli posto.

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

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      Guru
      Mamma di Dafne (16 anni)

      Forse leggo troppi gruppi FB. E forse ci sono troppi gruppi FB. E forse le persone non capiscono che parlare di questo su FB non è la soluzione. Leggo molto dolore, molte famiglia nate già sfasciate, soprattutto donne che accettano uomini sbagliati per inedia – non saprei come altro definirla, perché parlo anche di donne con una certa cultura che però si macerano in una famiglia che desiderano e che però non c’è mai stata.
      Tante coppie separate in casa. Tante coppie separate che però su FB fingono di essere ancora coppie felici.
      Sono triste. I bambini non sono una colla che tiene uniti i cocci, anzi: in certi momenti ho creduto che mia figlia potesse persino essere un distanziatore, una roba che se non stai attento a ritrovarti ogni giorno come coppia, finisci per perderti senza averne intenzione. Rifletto molto, non ho risposte, non so come evitare alle mie amiche (o alle persone che leggo) di distruggersi. E’ molto difficile.

  4. mina

    Guarda hai messo giù in poche righe esattamente il pensiero che ho maturato da quando è nato mio figlio. All’inizio mi sentivo una st…..za inadeguata a fare questi pensieri, oggi penso di essere stata più lucida che mai ad essere sincera con me stessa e chiedere aiuto nel lavoro di genitore ogni volta che ne sento il bisogno.
    E poi “I bambini non sono una colla che tiene uniti i cocci, anzi: in certi momenti ho creduto che mia figlia potesse persino essere un distanziatore, una roba che se non stai attento a ritrovarti ogni giorno come coppia, finisci per perderti senza averne intenzione” : anche per me (e per il mio compagno) è verissimo e le poche volte che riusciamo a ricavarci uno spazio e un tempo solo per noi due è come se riscoprissimo i sentimenti che proviamo l’una per l’altro.

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

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      Guru
      Mamma di Dafne (16 anni)

      E poi, quando prendi spazio per la coppia, corri il rischio di parlare solo di figli.
      Noi lavoriamo pure insieme, quindi parliamo pure di lavoro.
      Bisogna farci davvero attenzione. Perché la ‘pigrizia’ è subdola: tanto sai che la coppia c’è, ti dici che tanto va tutto bene, che comunque è normale essere presi da mille altre cose…
      Ma poi se ha la sfortuna di crescere separatamente, e non insieme, finisce che non ti riconosci più nell’altro.
      Non so: è davvero molto complicato. Io faccio fatica, per lo meno.
      Non mi voglio rilassare perché se è successo già a molti altri intorno a me, è una cosa che può succedere anche a me. E io non voglio. Senza mio marito seriamente mi mancherebbero l’aria e le radici, mi sento svenire al solo pensiero (anche se so bene che certi giorni lo prenderei a padellate in faccia, sia chiaro).

  5. Francy85

    Capisco perfettamente, e condivido pienamente x una famiglia che si completa e cresce cn l’arrivo dei figli, e sulla preziosa collaborazione che il papà può dare. Sostengo molto i papà: penso che anche x loro possa valere “lasciami fare…anche da solo”, se si da loro fiducia possono rappresentare la perfetta metà del cuore dei propri figli.

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