Superare le mie paure di madre: è difficile, ma devo farlo

Pubblicato il 14 Luglio 2014 da • Ultima revisione: 7 Agosto 2014

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Mi ritengo una persona piuttosto spensierata: non a caso ho sempre lottato per la felicità, e non ho paura di desiderarle, né di esprimerla. Penso di essere stata anche un tipo di mamma creativa: credo che Dafne si sia molto divertita, nella sua infanzia, perché non mi sono mai fatta tanti problemi. Ho giocato con lei, ho lasciato che sperimentasse il più possibile, non ho mai avuto il desiderio di limitarla in qualcosa, forse anche grazie al suo carattere – che è oggettivamente tosto, ma buono, simpatico e sensibile.

Ho fatto i conti con me stessa di nascosto.

Non sono davvero spensierata al cento per cento, mai: dentro di me ho sempre una cicatrice oscura che mi fa temere di perdere mia figlia. 
Ho paura che dorma troppo lontana da me: io devo poterla raggiungere in un’ora al massimo.
Ho paura quando va in gita, e penso a quello scuolabus senza le cinture.
Ho paura quando siamo in macchina, o se sta con i nonni, o quando a scuola deve affrontare qualcosa non davanti a me.

Quando sta male, o si ferisce, provo una vera e totale compassione, come se il suo dolore si trasferisse sul mio corpo.
Io VORREI che quel dolore si trasferisse sul mio corpo.

Non ho paura delle cose che vedo, ma ho paura delle cose che non vedo. 
Il terrore, osceno, profondissimo, oscuro e prepotente che ho è quello di perderla. Non potrei tollerare di restare viva senza di lei. 

E’ una paura totalmente irrazionale. Non ho nessuna giustificazione per avere questa paura. E’ una paura mutuata solo dal mio egoismo: io non voglio restare viva senza di lei.
E’ una paura di cui mi vergogno moltissimo, non solo perché stupida e immotivata, ma perché è anche ingrata: irriconoscente nei confronti della mia vita stessa.

Faccio finta di non sentire quella scintilla di paura dentro di me.
Mando mia figlia alle gite, la mando a dormire dai nonni, la lascio giocare al parco, la mando in piscina, la porto in giro…
Non ascolto altro se non la ragionevolezza, la mia parte razionale, e anche il senso del dovere: DEVO farlo, so che è giusto così, non devo ascoltare altro che ciò che so essere giusto per lei.

Non avrei mai potuto immaginare che diventare mamma potesse ingrandirmi il cuore a tal punto di mettere il suo cuore dentro al mio. 
Ma è successo, oppure io l’ho fatto succedere.

Non me ne pento, anche se provo vergogna a raccontarlo.
E forse a lei non lo dirò mai: da grande lo capirà a sua volta, oppure leggerà questo blog e allora saprà.

Ormai è fatta.
Ed è straordinario quanto si possa convivere con la propria paura nonostante tutto, e persino continuare ad essere felici.

 

 



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