Come fare la nanna, secondo il metodo di Tracy Hogg

Pubblicato il 17 Febbraio 2009 da • Ultima revisione: 23 Agosto 2023

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Durante la gravidanza ho amato molto il libro: Il linguaggio segreto dei neonati, di Tracy Hogg. È diventato un po’ la mia ‘guida’, per vari motivi: per la bontà del metodo, che sta sia dalla parte dei bambini che dalla parte dei genitori (scoraggiando qualsiasi martirio); perché il metodo si chiama ‘easy’, e questo è già di buon auspicio; perché soprattutto parla di famiglia in modo positivo, felice, oserei dire…

Naturalmente (non c’è bisogno di dirlo, ma lo dico…) io sono del parere che ciascun metodo vada bene, e non per forza ci si deve sentire obbligati a sceglierne uno piuttosto che un altro. A me è piaciuto questo, da cui ho tratto alcune regole che mi garbavano (non tutte, ma solo quelle che mi piacevano), ma può essere che questo libro non sia adatto per altri, e quindi la ‘bontà’ di questo metodo non sia universale.


A me è piaciuto perché rispecchia il mio carattere: mamma sì, ma non martire. Quindi mi piaceva l’idea che durante la giornata fossero considerati anche i miei bisogni (dormire, lavarmi, mangiare… anche lavorare) e non solo quelli di Dafne, pur mettendola al primo posto delle mie priorità. E mi piaceva perché era una via di mezzo tra le teorie più rigide (tipo quelle di Estiville) e le teorie del ‘tutto a richiesta’ e del ‘cosleeping’, per cui io non mi sentivo ‘naturalmente’ portata (ma come ho detto, questo non significa che non vadano altrettanto bene).

La mia filosofia è che un ‘metodo educativo’ è totalmente giusto, sia esso Estiville, Hoggs, ecc… quando rende felici e soddisfatti sia i genitori che il bambino. E bon. 🙂

Consigli di Tracy Hogg per fare la nanna

I bambini hanno bisogno di imparare ad addormentarsi da soli; hanno bisogno di sentirsi tranquilli e al sicuro nella propria culla. D’altro canto, hanno anche bisogno del nostro conforto quando sono in difficoltà.
[…] Allo stesso tempo i genitori hanno diritto di avere un riposo adeguato, dei momenti per se stessi e per gli altri, e una vita che non sia dedicata sempre e solo al bambino.

Tenete lo stesso atteggiamento fin dal principio

Ricordate che ogni cosa che fate insegna qualcosa al bambino. Se lo fate addormentare tenendolo in braccio, o cullandolo per 40 minuti, lo state istruendo. È come se gli diceste: – È così che ci si addormenta.

Mi piace perché non toglie assolutamente né coccole, né affetto al bambino: nel metodo EASY, la A sta per Activity, e prevede intensi momenti di gioco, condivisione e coccole con il bambino. Tuttavia mette in luce che il sonno è sì un’esigenza del bambino, ma che deve essergli insegnato il modo di dormire bene. E questo modo dovremmo adottarlo sempre, per evitare di stravolgere le abitudini del bambino quando noi diventiamo stanchi di cullarlo.

Autonomia non vuol dire abbandono

Quando dico alla madre o al padre di un neonato: – Vogliamo aiutarlo a diventare autonomo? -, spesso mi guardano un po’ perplessi. – Autonomo? ma ha solo poche ore di vita – Allora chiedo: – Beh, quando volete cominciare? 

In ogni caso, sostenere l’autonomia del bambino non significa farlo piangere, ma piuttosto soddisfarne i bisogni, incluso quello di essere preso in braccio, perché dopo tutto, in questo modo sta cercando di dirvi qualcosa.

Ma significa anche rimetterlo giù non appena questo bisogno è stato soddisfatto.

Calmate il bambino in vista della meta finale

Prima della nanna, un bagnetto o un massaggio li prepareranno per il sonno. Per circa cinque minuti mi siedo sulla sedia a dondolo o sul pavimento per dare loro una coccola extra. Se volete potete anche raccontare una storia, o sussurrare dolcemente qualcosa all’orecchio. Lo scopo non è fare addormentare il bambino, ma farlo calmare.

Mi piace perché permette di ritagliarsi un reciproco momento di calma, di dolcezza, di amore intenso… mettersi lì insieme, fondersi in un abbraccio, respirarsi. È il momento più bello della giornata. Quello più ‘intimo’.

Sistemate il bambino nella culla prima che raggiunga il mondo dei sogni

Se il piccolo si addormenta tra le vostre braccia o in qualcosa che dondola, per poi risvegliarsi nella sua culla, sarebbe come se io spingessi il vostro letto in giardino mentre state dormendo: al risveglio vi chiedereste: – Dove sono? Come sono arrivato qui?

Di solito occorrono venti minuti, prima che il bambino prenda davvero sonno.
È importante cogliere il momento giusto, per metterlo a dormire, imparando a capire le fasi dell’addormentamento: i primi segnali di stanchezza (sbadigli, tirarsi le orecchie, grattarsi il viso, inarcare la schiena…), il momento in cui il bambino assume uno sguardo fisso e inizia a ‘perdersi’ nella sua stanchezza, e il momento in cui si lascia andare.

Il rischio è quello di non accorgersi di questi segnali spontanei, ed ‘esaurire’ il bambino, portandolo oltre la soglia di stanchezza… e lì diventerà nervoso e intrattabile (esattamente come succede a noi quando siamo troppo stanchi).

Come mettere i pratica i consigli sulla nanna di Tracy Hogg

Quindi, la ‘tecnica’ è quella di coccolarli, cullarli, metterli nella culla prima che si addormentino. Sussurrargli qualcosa di dolce, e lasciare che si addormentino da soli. Se il bambino piange, lo si tira su, lo si consola e lo si calma. E prima che si sia riaddormentato, lo si rimette nella culla.

Questo può durare anche tutta la notte. Anche 100 volte di fila. Il secondo giorno andrà meglio. Il terzo giorno, nella maggior parte dei casi, il pianto sarà quasi scomparso.

Di solito i genitori ‘mollano’ perché i bambini troppo stanchi piangono in modo disperato. Ma questa è una cosa normale!
Secondo me, mettersi a piangere con loro è errato. E lo dico perché molte mie amiche lo fanno. Noi dobbiamo rassicurarli, non terrorizzarli!
Se io non sto bene, e chi mi deve accudire si mette a piangere insieme a me, dove trovo la forza di stare meglio? 🙂

Il pianto di un bambino non deve spezzarci il cuore: è ‘solo’ un pianto! È il suo unico modo per comunicarci qualcosa, quindi dobbiamo prenderlo come un dialogo, e non come una scenata o, ancora peggio, un dispetto.

Con Dafne, ciò che più ha funzionato è stato proprio questo: esserci, sempre, se piangeva. Abbracciarla e ‘stringerla’, avvolgendola con la mia presenza, e lasciare che si calmasse. Esserci, cullandola, consolandola, trasmettendole serenità.
Dicendole, come in un mantra:
– Mamma è qui, e ti vuole bene. Adesso calmati, non è successo niente. È tutto a posto, non preoccuparti.

Con noi ha funzionato!

Chiaramente, ci sono dei MA…
Non tutti i bambini sono predisposti ad accettare questo metodo.
Non tutti i genitori sono predisposti ad accettare questo metodo.
Con i neonati è sicuramente più facile che con i bambini grandi.
Con i bambini grandi si fa fatica: devono essere abituati gradatamente ad un nuovo rito della nanna.

L’importante è essere sempre positivi, e non credere mai né di avere in qualche modo ‘sbagliato’, creandosi degli stupidi sensi di colpa, né che insegnare a fare la nanna sia una cosa impossibile. Ci va pazienza, ci va fatica, ma si può fare! 🙂

E voi? Come vi siete organizzati?
Quali sono i vostri trucchetti per fare la nanna?



Commenti

139 Commenti per “Come fare la nanna, secondo il metodo di Tracy Hogg”
  1. sumsum

    Ciao a tutte
    Io sono una mamma disperata. Nonostante sia al 3 figlio questa volta non sono riuscita a dare regolarità al sonno del mio piccolo. Da 13 mesi dormo meno di 2 ore filate a notte. Ormai sono uno zombie, ho perso la concentrazione e mi dimentico tutto. Sono sfinita.
    Ho provato il metodo estivill e aveva funzionato a meraviglia per 4 giorni. Poi una sera mio marito torna a casa e suona il citofono all’impazzata nonostante mi fossi sempre raccomandata di non farlo perchè ha un volume alto ed è molto lungo.
    Insomma per farla breve, il bambino si è svegliato e non ne ha più voluto sapere di dormire. Il metodo che usavo non ha più funzionato. Quando lo metto a nanna piange anche 3 ore di fila.
    Proverò il metodo Hogg ma non so più che fare davvero. Sono allo stremo.

  2. Un metodo davvero interessante. E’ importante anche cercare di capire le paure alla base del rifiuto di dormire da solo: http://morenomattioli.wordpress.com/2013/06/30/come-aiutare-i-bambini-a-dormire-da-soli/

  3. E’ vero che questo articolo ormai è del 2009 ma è un argomento sempre attuale e ci tenevo a lasciare un commento.
    Questo articolo mi è piaciuto molto perchè in un certo qual modo rispecchia la mia convinzione che una mamma sappia ciò che è meglio per il proprio bambino. Se l’istinto materno funziona per farci sapere quando ha fame, se sta male o se ha sonno, perchè non dovrebbe funzionare anche con le “tecniche del sonno”?
    Mamme, fidatevi del vostro istinto!

  4. Valeria

    Hogg ed Estivill neanche per reggere il comodino. Non si tratta di essere mamme martire. Per favore informatevi per bene.

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

      immagine livello
      Guru
      Mamma di Dafne (16 anni)

      Hogg invece io l’ho amata molto e mi sono informata bene 🙂
      L’importante è non essere mai rigidi con se stessi e gli altri: il metodo educativo non può corrispondere esattamente ad un libro, perché ogni genitore e ogni bambino sono diversi. Dalla Hogg possiamo prendere alcuni buoni principi (quelli che ho elencato), aggiungendo tanto buon senso e un pizzico di Montessori (come ho spiegato).

  5. L’aumento dei disturbi del sonno è anche effetto diretto di una insufficiente educazione al sonno e all’autonomia da parte di genitori deboli, sopraffatti da bambini tiranni. Sarebbe proprio il dormire insieme e addormentare il bimbo all infinito o ninnandolo in passeggino, cui spesso i genitori cedono per evitare di far piangere i propri figli, la vera causa dei disturbi del sonno.

    Si tratta delle strategie istintive di comportamento che il bambino mette in atto per conseguire la vicinanza con la madre (o con la persona che principalmente si occupa di lui); queste strategie, che nessun bambino impara ma che mette in atto sin dalla sua nascita, sono strategie di richiamo (piangere, tendere le braccia per essere presi in braccio, aggrapparsi).

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